ISSN 2239-8570

Il contratto sulla crisi di impresa, di Giuseppe Vettori

Giuseppe Vettori – Professore ordinario di Diritto Civile

1.Le riforme – 1.1. Variazioni sul contratto – 1.2. Le fattispecie e la centralità dell’art. 182 bis – 1.3.  La struttura e la qualificazione dell’accordo – 2. Contratto sulla crisi e categorie civilistiche – Il rapporto legge, giudice,contratto – 4. La responsabilità della parte e del tecnico – 5. Contratto sulla crisi fra codice, legge  e costituzione

 

1.Le riforme

1.1.Variazioni sul contratto

Per riflettere sul ruolo sempre più accentuato dell’autonomia in aree prima occupate dalla legge o dal mercato  occorre superare l’alternativa fra natura e storia prestando attenzione al contratto, come entità sociale che ha una sua oggettività rispetto alla legge e alla natura delle cose. Un fatto che occupa uno spazio fisico ( come quelli materiali) ed è soggetto al tempo ( a differenza di quelli ideali) dunque un atto sociale che deve essere valutato e disciplinato in base alle necessità e alle percezioni del tempo e per le funzioni che può o deve realizzare(1). 

Quale siano queste nuove funzioni è oggi del tutto evidente e può essere riassunto con uno slogan che ponga il luce  un passaggio netto. Da una funzione di scambio e circolazione di ricchezza ad una finalità che utilizza l’atto di autonomia de creare e agevolare nova ricchezza e per permettere che essa sia utilizzata al meglio nell’intero ciclo di vita dell’impresa.

Un esempio evidente è la diffusione dei rapporti reticolari creati e disciplinati dal contratto che diviene strumento di sviluppo  alternativo ad altri modelli organizzativi quali la forma societaria  dei gruppi o la ” crescita interna all’impresa ” e come atto dotato di funzioni diverse, dal coordinamento produttivo o distributivo ad una funzione finanziaria (“volta a coinvolgere una o più banche nel programma di risanamento di una o più imprese”), sino a strategie  di collaborazione con partner locali strategici . Strumento che risente di spinte complesse e diverse di ogni realtà geografica e sociale ed è destinato a regolare  un  inedito “mix tra cooperazione e competizione” che può influenzare pesantemente “la governance dell’impresa e le sue opportunità di crescita” (2).

Un altro esempio significativo è proprio la materia fallimentare.

Gli interventi di riforma dal 2005 al 2007 hanno attributo  rilievo  alle soluzioni concordate della crisi d’impresa con un cambio radicale di prospettiva che occorre analizzare nella sua progressione temporale(3).

Nella legge del 1942 non vi è spazio  per un accordo sulla  regolazione dell’insolvenza.

“Il problema  è  sottratto al mercato e gestito dallo Stato”.

L’imprenditore “onesto e sfortunato” può accedere alla procedura di concordato preventivo, omologato nel rispetto di regole rigorose che esigono quantomeno la totale soddisfazione dei creditori privilegiati e il trattamento non differenziato dei creditori chirografari da soddisfare in una percentuale elevata.

Il  concordato stragiudiziale “vive nella dimensione della riservatezza e del segreto e serve spesso per “acquisire posizioni di prevalenza”, “massimizzare le prospettive di recupero, conseguire pagamenti in violazione del principio della parità di trattamento” senza che il superamento della crisi sia per lo più l’obbiettivo principale”(4).

Due sono i tratti di questo ordine.

Una chiara distanza di finalità rispetto alle linee di tendenza del mercato concorrenziale di provenienza comunitaria. Un’idea della insolvenza e della crisi d’impresa come patologia del sistema da sottoporre ad un rigido controllo pubblico.

Nel 2005 si ha una prima innovazione(5). Si ridisegna l’ambito della revocatoria prevedendo ,tra l’altro l’esenzione degli atti posti in esecuzione di piani di risanamento la cui “ragionevolezza sia attestata da un esperto”. Si amplia la procedura di concordato in alcuni profili rilevanti, si introducono (182 bis) gli accordi sulla ristrutturazione dei debiti.

Nel 2006 e nel 2007 i decreti legislativi sulla “privatizzazione della crisi d’impresa” introducono novità rilevanti per gli accordi e il concordato(6), ma sono evidenti ancora alcuni limiti.  Non sono fissati con chiarezza i vantaggi ricavabili da un accordo stragiudiziale e da un accordo di ristrutturazione in ordine ai rischi, in caso di esito negativo, di una responsabilità per concessione abusiva di credito  e di un pagamento preferenziale. Manca  una misura contro iniziative giudiziarie dei creditori. Nel concordato preventivo vi è ancora la necessità di pagamento integrale dei creditori privilegiati e l’automatismo della sentenza  di fallimento in caso di inammissibilità o improcedibilità.

Da qui la correzione del 2007. L’art 67 comma 3 l.f richiede una particolare figura di esperto richiamato nell’art. 161 e 182 bis. Nell’art 182 si delimita la legittimazione all’imprenditore ( non il debitore) in crisi  favorendo un maggior coordinamento con le altre procedure. Dalla data della pubblicazione dell’accordo e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa anteriore non possono iniziare o proseguire azioni. La transazione fiscale (182 ter) può essere fatta anche nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione. Si precisano e avvicinano le procedure di concordato preventivo e fallimentare. Si possono pagare in modo non completo i crediti privilegiati. Si esclude la possibilità di pronunzia d’ufficio del fallimento. In caso di voto sfavorevole in una classe il giudizio di convenienza della proposta delle stessa classe dipende da una domanda di opposizione. Ciò è previsto anche per il concordato fallimentare ma si esclude che possa proporre la domanda il curatore.

1.2. Le fattispecie e la centralità dell’art. 182 bis

Da tutto ciò emerge una nozione di contratto sulla crisi d’impresa  idonea a racchiudere “tutti gli accordi conclusi fra l’impresa in crisi e i suoi creditori.. finalizzati a gestire la crisi stessa su base convenzionale e in termini alternativi rispetto alla classica via della liquidazione fallimentare del patrimonio aziendale e del conseguente riparto fra i creditori dell’attivo così realizzato” (7). Ma è anzitutto necessario distinguere il piano di risanamento dagli accordi di ristrutturazione non fosse altro perché è comune l’esenzione dalla revocatoria ed è diversa la copertura giurisdizionale e la struttura giuridica.

Il piano ha natura unilaterale pur essendo composto di vari atti ( manifestazione di scienza e di giudizio) e negozi ( rinunzie impegni de non petendo, concessioni)  strumentali. L’art.182 bis fa invece riferimento ad un accordo, stipulato da un imprenditore  in stato di crisi, con i creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti, asseverato da una relazione di un professionista, omologato e idoneo ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei. Ad essi si presterà particolare attenzione precisando gli elementi di meritevolezza e di validità.

La natura contrattuale degli accordi di ristrutturazione non è, tuttavia, di per sé idonea ad escludere che nell’ambito del piano di risanamento si possano concludere accordi con i creditori, qualora ciò sia indispensabile per consentire  la ristrutturazione dell’impresa.

Quanto al primo occorre anzitutto fare un minimo di chiarezza.

E’ noto che nell’elaborazione del codice del ‘42  attraverso la causa il contratto deve essere allineato e conforme ad un interesse sociale. La consacrazione di tale idea si trova nell’art. 1322 2° comma che richiede ” nei contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare”, un controllo sulla idoneità a  realizzare “interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.”

Il motivo si comprende se si ricorda il legislatore del 1942 opera all’interno di un progetto politico  che  si propone di attuare una struttura corporativa dello Stato. Sicché la causa è , in quel tempo(8), strumento per attuare un fine dell’ordinamento che si affianca e talvolta prevale sulle finalità particolari dei contraenti.

La Carta Costituzionale ridisegna i rapporti tra individuo e Stato, tra libertà e ordine sociale, tra contratto e legge, tra iniziativa economica privata e controlli. Con un tratto preciso. L’ordine costituzionale non è finalistico, non vuole preterminare il futuro “sciegliendone uno perché ritenuto l’unico giusto”  lascia al pluralismo  di individuare l’indirizzo politico più adeguato ai tempi, entro una cornice condivisa di regole che l’art. 117 estende ai vincoli provenienti  dell’ordinamento comunitario

L’ordine si capovolge.

Resta nel codice civile il riferimento ambiguo alla meritevolezza che assume però nuovo significato nel contesto costituzionale (art. 41 ,42,117 ) . Basta leggere  l’art.41 il quale   “dopo aver sancito la libertà economica privata, e quindi dell’autonomia contrattuale che ne è strumento” dispone ” che tale iniziativa non si svolga “in contrasto” con l’utilità sociale”.

Se ne ricava che ” il controllo consentito in sede giurisprudenziale, alla stregua di tale norma, è meramente negativo; il contratto non deve essere socialmente dannoso, mentre non è dato verificare se esso possa considerarsi “meritevole di tutela” perché socialmente utile.”(9)

Ne segue che il giudizio di meritevolezza coincide con quello di liceità (10) ( come la giurisprudenza quasi unanime afferma) ed è facile constatare che per il contratto sulla crisi d’impresa esistono in Italia e in Europa indici precisi in tal senso nella  riforma della legislazione fallimentare la quale si propone di  snellire le procedure (11), valorizzare le procedure alternative e convenzionali, recuperare la terzietà del giudice, eliminare le conseguenze disonorevoli del fallimento.

Si tratta dunque di precisare i tratti di queste  nuove fattispecie di cui occorre controllare i limiti di ammissibilità e di validà uno per uno .

1) la nozione di imprenditore.

Il legislatore del 2006 faceva riferimento al  debitore ma la riforma del 2007 precisa che sia legittimato l’imprenditore eliminando ogni dubbio sull’ambito soggettivo. Con ciò si è però rinviato un problema che non potrà essere a lungo trascurato.

Il legislatore interno e comunitario ha in agenda (12) la soluzione del sovra-indebitamento del consumatore ed è alla ricerca di un punto di equilibrio fra la certezza delle obbligazioni e la tutela del debitore insolvente sulla scia di un progressivo ridimensionamento della universalità della responsabilità patrimoniale” (13). Se l’incentivo ai consumi e alla produzione è un obbiettivo primario dell’Unione non si può trascurare a lungo il fenomeno sociale dell’eccessivo indebitamento delle famiglie. Francia,Spagna e Germania (oltre all’America) hanno già adottato legislazioni di sostegno e i Trattati garantiscono la protezione e un elevato livello di protezione del consumatore indicando una soluzione comune(14) sul punto.

Certo è che  già ora  l’art.182 bis  comprende una nozione più ampia di imprenditore commerciale indicata dall’art 1 l.fall. Il riferimento all’imprenditore include l’ imprenditore commerciale  non fallibile  e l’ imprenditore agricolo e sino a ipotizzare un’applicazione  nell’area ” della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi”. Se si considera che, in base a studi recenti solo il 50% delle imprese ( con punte dell’ 80% al Sud) rientrano nei nuovi parametri di fallibilità, è facile notare come possa essere esteso l’ambito di potenziale applicazione della norma.

2) Lo stato di crisi

Nella  legge  si dice (art. 160) che il concetto di crisi include quello di insolvenza e “se l’imprenditore insolvente e i suoi creditori possono gestire l’insolvenza del primo su base convenzionale…e alternativa all’aperture di una pubblica procedura..ciò significa che è caduto un dogma: il dogma dell’indisponibilità (della gestione) dell’insolvenza” sottoposto ad una pressione oramai irresistibile della realtà economica.  Tutto ciò entro confini delineati.

Non è possibile un accordo  in mancanza di insolvenza e di crisi o di situazioni nelle quali manchi il rischio di revocatorie, perché una tale fattispecie si presterebbe a finalità elusive o fraudolente con alcuni creditori. C’è invece nell’art. 160 una precisa indicazione.

L’insolvenza della disciplina concorsuale esprime una qualificazione che attesta la definitività e irrecuperabilità dello stato di dissesto(15); la crisi invece,  costituisce un concetto che non evoca  una patologia  ma una situazione gestibile con il contratto finalizzato al salvataggio dell’impresa (16), sicché sottolinea una  continuità fra insolvenza civile e commerciale come nuovo segno ordinante.

1.3.  La struttura e la qualificazione dell’accordo

Sulla struttura degli accordi si discute se si sia in presenza di atti bilaterali qualificabili come ipotesi di collegamento negoziale di un unico atto plurilaterale con comunione di scopo (1420,1446,1459,1466)(17), un’operazione economica, un contratto a due sole parti da un lato il debitore e dall’altro l’insieme dei creditori. Tutto da costruire.

Certo è che si potranno ipotizzare contenuti ( prestazioni e controprestazioni) che incidono sul debito e ne realizzano la ristrutturazione ( pagamenti,dilazioni, mutamenti) e contenuti che investono le modalità di gestione dell’impresa sottoponendola a qualche vincolo esterno. Sicchè l’ architettura contrattuale è quasi sempre complessa e multilivello. A monte sta l’accordo-base di ristrutturazione, a valle altri negozi con funzione attributiva perché solo con essi si realizza il programma contrattuale. Il primo è un contratto-quadro  che definisce i contenuti dei contratti a valle o un contratto preliminare che obbliga a successivi negozi.

Più delicata è la loro qualificazione e cioè la ricerca della disciplina applicabile.

Alcuni attribuiscono ad essi natura procedimentale riconducendoli al concordato preventivo (18) altri optano per la loro natura negoziale (19) che non sarebbe esclusa  dalla partecipazione di una percentuale di creditori pari al sessanta per cento, essendo la maggioranza presupposto non di efficacia ma dell’omologazione e degli effetti protettivi che essa comporta. Giudizio che non concerne il merito e la convenienza dell’atto ma il controllo formale e sostanziale dei presupposti procedurali per l’omologa.

Dalle diverse soluzioni si producono naturalmente  conseguenze rilevanti. Prima fra tutte l’incidenza dell’accordo sulla posizione dei creditori estranei . Chi aderisce alla natura procedimentale applica analogicamente l’art. 184 l.fal. concludendo per l’efficacia dell’accordo nei confronti dei creditori che non l’hanno sottoscritto. Gli altri reputano il contrario in base all’art. 1372 e alla coerenza costituzionale dell’art. 182 bis.(20).

Assai più convincente è l’idea di una piena autonomia di tali accordi rispetto al concordato preventivo che è sostenuta dalla prevalente dottrina e giurisprudenza(21) anche se si tratta di esaminare ,a volta a volta, se qualche norma relativa alla procedura possa applicarsi agli accordi. Resta da interpretare l’inciso in merito alla idoneità a soddisfare il regolare pagamento dei creditori estranei. Problema centrale per la stessa utilità ed effettività della disciplina.

4) L’idoneità a soddisfare i creditori estranei.

E’ ovvio che la vicenda dell’insolvenza incide sul  rapporto nascente dall’auto-regolamento  e sulla  disciplina dei rapporti fra soggetti terzi ( di norma uno dei contraenti e terzi aventi causa o creditori della controparte)(22).  Il primo  è più semplice e comporta scelte positive da ricostruire con i normali canoni ermeneutici. Più arduo è il secondo aspetto perché occorre  diversificare i soggetti (23) e fare i conti  con il principio della responsabilità patrimoniale ” che non riesce…più ad esprimere la realtà multiforme dei rapporti giuridicamente rilevanti, tanto più che la solenne enunciazione della par condicio creditorum appare da tempo non più avvertita.. in termini di fondamento profondo dell’ordinamento.”(24)

Il chiarimento di questo profilo è essenziale e la sua analisi richiede un’attenta verifica delle varie opinioni espresse sul punto.

Si è ricordato che gli effetti fra le parti e nei confronti dei terzi si producono dal giorno della pubblicazione sul registro delle imprese che opera come condicio iuris sospensiva e che l’accordo non produce effetti per i terzi i quali, contrariamente a quanto sostenuto da una pronunzia recente(25), non potranno subire una  decurtazione del loro credito(26). Osta a ciò, si osserva, il profilo della relatività degli effetti del contratto, la normativa costituzionale che tutela la proprietà e il diritto di azione (art. 42 e 24 Cost.), la normativa sulla responsabilità patrimoniale.

Si esclude una applicazione analogica dell’art. 184 in tema di concordato preventivo per la diversità dei due istituti(27), e si reputa inutile  un’analisi esegetica dei termini impiegati dal legislatore (28) la quale non offre riferimenti sicuri(29). Da qui la necessità di passare dal testo al contesto “entro il quale gli accordi sono chiamati ad operare”.

Ma da questo non si trae un risultato univoco.

Si osserva ancora  che nel concordato preventivo c’è una maggioranza di creditori che imprime un vincolo agli altri, mentre nell’art. 182  non si forma alcuna maggioranza. Non c’è un luogo in cui si formi nel dialogo fra i creditori  e non c’è “un dovere di informazione nei confronti dei singoli creditori non aderenti.”(30)

Da tutto ciò  si trae il pericolo di  “un’assoluta incontrollabilità delle regole seguite dal debitore per gestire la crisi d’impresa”(31) e si esclude che la legge possa consentire (32) ad alcuni  creditori di ridefinire i diritti degli altri senza dare a questi ultimi la possibilità di esprimersi(33).

D’altra parte dopo le modifiche del 2007 si propone di recente una interpretazione chiaramente orientata a valorizzare la soluzione negoziale in alternativa alla soluzione concorsuale. I passaggi sono i seguenti(34).

Si muove dall’idea che il vero limite che ha causato la quasi totale inutilizzabilità della norma è stata proprio la necessità, indicata dalla unanime dottrina, del pagamento integrale e alla scadenza dei creditori estranei.

Per una corretta interpretazione di quel presupposto si deve  ripensare la modifica del 2007 che inibisce l’inizio e la prosecuzione delle azioni cautelari ed esecutive sul patrimonio del debitore.

La mancata previsione era coerente con l’impossibilità di incidere sui creditori esclusi. In questa logica anzi la presenza di azioni individuali era il segno che l’attestazione dell’idoneità al regolare pagamento era scorretta e che quel accordo non poteva essere omologato, ma la riforma ha introdotto la protezione cui occorre dare un significato.

La novità, secondo questa tesi, è che la legge ha esteso all’accordo di ristrutturazione la disciplina concordataria sull’impossibilità di azioni esecutive in pendenza e in presenza di omologa e con ciò “ne ha considerato comune il presupposto che sta alla base dell’inibizione di azioni esecutive individuali:quello della non completa soddisfazione dei creditori”(35), la quale si verificherà ” nel periodo necessario per prevenire l’omologa.. ma anche  ove i termini dell’accordo risultino rispettati in forza del provvedimento del giudice”(36).

Da ciò si evince che la “non completa soddisfazione dei creditori estranei è il presupposto logico”  della protezione introdotta dalla più recente riforma e ne segue che il riferimento al regolare pagamento va interpretato in modo diverso da “integrale  e alla scadenza” e in modo non coincidente con la falcidia imposta ai creditori aderenti perché la regolarità si trarrebbe da un accordo concluso con altri.

Il significato di regolare pagamento andrebbe trovato all’interno di un rapporto obbligatorio ove regolare non significa esatto adempimento incompatibile con il termine usato e con la protezione dalle azioni esecutive.

La soluzione che si sarebbe introdotta sarebbe simile alla Procedure de Sauvegarde di diritto francese ove in presenza di un accordo con alcuni creditori il giudice può emettere un intervento autoritativo che , in presenza di alcuni presupposti, impone ai creditori estranei una dilazione di pagamento fino ad ” un massimo tale che il valore del loro credito, intatto in termini di capitale ma attualizzato al tasso di sconto corrente, coincida con quello dei creditori che hanno accettato la riduzione”.

Così “il pagamento regolare del creditore estraneo può significare pagamento al 100% ma con dilazione tale che il suo valore attualizzato non sia inferiore a quello ipotizzabile in uno scenario alternativo (fallimento in caso di debitore fallibile, procedure esecutive con soddisfazione di tutti i creditori secondo criteri di par condicio), il tutto da attestarsi nella relazione del professionista. La possibilità di opposizione potrebbe consentire di verificare se la soluzione proposta e asseverata ” sia deteriore rispetto al risultato economico conseguito dal creditore aderente con posizione giuridica e di interesse omogenea e/o deteriore rispetto a scenari alternativi”.

In tal modo non si altererebbe il principio del consenso ” così come di norma è inteso nelle procedure di riorganizzazione aziendale, secondo il modello italiano derivato da quelli tedesco e statunitense” dato che il principio della maggioranza concordataria che prevede l’imposizione della soluzione alla minoranza dissenziente, poco ha a che vedere col principio civilistico del consenso, che presuppone l’incontro della volontà di tutte le parti del negozio”(37).

La verità è che i requisiti di validità degli accordi di ristrutturazione pongono in luce  il problema essenziale  dei contratti sulla crisi di impresa e cioè il rapporto fra accordo civilistico e soluzione concordataria.

Per affrontare questo tema occorre esaminare i limiti di una ricostruzione interna alle categorie civilistiche e guardare oltre.

2. Contratto sulla crisi e categorie civilistiche

Basta pensare che dall’art. 1372 c.c, e dal principio di relatività degli effetti negoziali non si ricava affatto l’impossibilità giuridica che il contratto produca effetti nei confronti dei terzi.

L’uso stesso del termine efficacia più ampio di quello di effetti, indica che la norma allude alla capacità espansiva che il negozio può avere nei confronti dei terzi. D’altra parte l’analisi sistematica degli articoli 1372 e 1411 chiarisce che sono ammessi  effetti diretti nei confronti purchè favorevoli e salvo il rifiuto dell’interessato. Più incerto è l’ambito delle conseguenze che il contratto determina indirettamente per i terzi ma  la legge delimita i casi di opponibilità del titolo e si ammette  pacificamente una responsabilità del terzo che violi in mala fede il contenuto di un accordo concluso  da altri.

Tutto ciò dimostra che la propagazione degli effetti è possibile ma deve essere delimitata dalla legge o ricostruita in base alla valutazione della struttura e degli contegni formativi ed esecutivi. Il che ci rinvia ancora alla formula impiegata dall’art. 182 bis.

D’altra parte un’interpretazione letterale ancorata alla singola disposizione non risolve il problema di senso.

L’uso del termine pagamento  nell’art. 182 bis  è ambiguo affatto se non altro perché  è diverso dall’adempimento che evoca una problematica più generale (comprensiva della capacità e della legittimazione).

Ma il nostro codice disciplina  l’adempimento con riguardo alle regole di comportamento (1176,1178) alla legittimazione (1180) e alle modalità (1182,1183)  e usa poi il termine pagamento per quanto attiene ai destinatari(1188,1189) alla capacità(1190,1191)alla imputazione (1193) alla datio in solutum (1197,1198)(38).

La verità è che ” non esiste una nozione pre-definita di adempimento, valida una volta per tutte alla quale possono essere piegate le singole soluzioni normative”. La nozione di esatto adempimento non coincide con quella di valido adempimento e  l’adempimento come fattispecie non coincide  con l’attuazione del contenuto della prestazione(39).

Né può essere di aiuto il fatto che nell’ambito contrattuale entrambi i riferimenti all’adempimento e al pagamento sono assorbiti nella dinamica dell’esecuzione del contratto ove non si guarda “tanto all’adempimento del singolo obbligo contrattuale ..ma alla sua complessiva attività che segue alla conclusione del contratto e che si coglie nella fase di svolgimento”. Ciò per il  motivo che nel nostro caso il requisito del regolare pagamento è anzitutto requisito di validità dell’accordo e non solo parametro della sua corretta esecuzione.

Se si prende atto di ciò  occorre ricordare che l’esegesi è utile(40) e necessaria, come sempre,  ma non si può  attribuire ad essa un ruolo primario (41) per una serie di motivi.

La scelta della riforma evoca precise finalità e  un nuovo contesto sistematico che va oltre il diritto interno e rinvia ai vincoli stessi derivanti  dalle norme costituzionali e dall’ ordinamento comunitario. Per un’interpretazione di questo ordine  occorre procedere ad una  costruzione giuridica che esige di analizzare  la ratio delle disposizioni,  comporre le  gerarchie di valore,  precisare principi e nuove costruzioni dogmatiche e operare attenti bilanciamenti.

L’analisi economica e la ricerca delle soluzioni più efficienti può invece aiutare a fissare i tratti essenziali del contratto sulla crisi di impresa. La cui disciplina va ricavata non tanto e non solo dalla sua natura negoziale o meno ma dal  peculiare coordinamento fra legge , giudice e autonomia privata che è insito in questo paradigma contrattuale.

Cerco di spiegare il perché.

3. Il rapporto legge, giudice,contratto

Nella soluzione dei problemi connessi ad una soluzione convenzionale della crisi occorre  distinguere la disciplina del regolamento fra le parti e le conseguenze che si possono produrre nei confronti dei terzi. Le prime rientrano nella disponibilità delle parti, le seconde possono verificarsi, a certe condizioni, solo in presenza della legge e del giudice. Vediamole entrambe da vicino.

a) Quanto al primo aspetto, come si è osservato,  è difficile trovare un equilibrio perché  ” incoraggiare troppo l’autonomia dei privati…. può essere perverso” ma ” punire i partecipanti ad un accordo per il solo fatto che esso non ha evitato il precipitare della crisi è altrettanto dannoso”.  Da qui la necessità di prevedere che ” un accordo stipulato in buona fede da parti informate, che hanno seriamente cercato di risolvere la crisi.. non possa arrecare conseguenze sfavorevoli per chi lo ha stipulato”(42).

A questa finalità si ispirano l’esenzione  dalla revocatoria degli atti esecutivi di un piano di risanamento secondo le modalità seguite nell’art. 67 comma 3 lett. d (43)  e  gli accordi di ristrutturazione dell’art.  182 bis.

In tali casi ” le parti da sole o con l’ausilio del giudice, dispongono delle aspettative dei creditori nell’eventuale futuro fallimento”. Si può dubitare che in tal caso  siano escluse a carico dei partecipanti  conseguenze risarcitorie e penali ma  è ragionevole pensare che queste sanzioni non esistano a carico di una procedura corretta (44).

b)Il vero problema è la posizione dei terzi estranei all’accordo che è disciplinata in modo efficace nel concordato preventivo e assai dubbio negli accordi di ristrutturazione. Per un motivo evidente.

“La compressione dei diritti dei creditori dissenzienti che vengono assoggettati al volere della maggioranza costituisce uno dei tratti caratteristici delle procedure di insolvenza” ma ciò si può produrre solo in presenza di una serie di garanzie ” un’ adeguata informazione dei creditori, una loro preventiva consultazione con possibilità di esprimere le ragioni del dissenso, la generale supervisione del giudice e infine una pronunzia che con l’autorità dello Stato dà alla volontà della maggioranza dei creditori una forza che essa da sola ,non potrebbe avere.

Insomma “l’intervento del giudice è condizione necessaria perché qualcuno possa essere vincolato da scelte fatte (o approvate) da altri. Il suo intervento è necessario per sostituire, su autorizzazione della legge, una volontà che manchi del tutto” e ciò è possibile in presenza ” di tentativi di soluzione della crisi posti in essere da parti informate e che abbiano agito in buona fede”.

Ciò significa che l’estensione degli effetti ai terzi richiede ” preventiva consultazione … e una pronunzia del giudice”,  mentre il solo “termine per opporsi può non essere  sufficiente per tale estensione”.

Proprio su questa base si è ipotizzata, da una lucida dottrina, una  distinzione  concettuale fra ” accordi stragiudiziali  ,facilitati o stabilizzati dal giudice, che  vincolano solo chi vi abbia consentito”  e accordi giudiziali che si  impongono anche  a “chi non vuole” (45).

Credo sia questo il dato su cui riflettere per porsi il problema dei requisiti necessari di validità dei contratti sulla crisi d’impresa e la situazione italiana, è allo stato, in un una fase di incompleta formalizzazione delle soluzioni concordate.

Il piano di risanamento è utile ma spesso insufficiente  per le conseguenze negative che possono ripercuotersi sui partecipanti.

Il concordato preventivo è uno strumento più duttile del passato ma i tempi e i costi della procedura paralizzano spesso le sue potenzialità.

L’accordo di ristrutturazione non è stato utilizzato per  un’ ambiguità  di fondo che può essere superata solo in due modi.

Con un intervento correttivo che precisi la misura del vincolo che l’accordo può determinare per i creditori estranei o con un’interpretazione costituzionalmente orientata che consenta alle parti e al giudice di completare il contenuto della norma.

Le parti, pur in mancanza di un esplicito obbligo, dovrebbero farsi carico di informare tutti i creditori prima o contestualmente alla pubblicazione nel registro delle imprese per far sì che essi siano posti in grado di esprimere un consenso informato e di esercitare con pienezza il loro diritto di opposizione.

Anche in questo settore per ricercare un assetto “giusto, equilibrato, ragionevole” occorre  riflettere sul momento in cui si costruisce o si modifica il regolamento e sulla esecuzione del rapporto. In entrambe le fasi essenziale è il ruolo della buona fede e anche in questo caso è necessario chiarire il suo ruolo nella fase formativa ed esecutiva dell’atto con grande attenzione alla giurisprudenza recente.

E’ bene ricordare allora che la buona fede è criterio di valutazione dei contegni e fa sorgere nuovi diritti e obblighi ma non integra e corregge il contenuto. L’intervento correttivo sull’atto compete all’equità nei limiti che la legge prevede. Se si premette questo essenziale chiarimento si elimina ogni accezione generica o moralizzante e ogni rischio di eccessiva discrezionalità del giudice caratterizzando il rimedio con una correttezza procedurale che la stessa common law non ha difficoltà ad accogliere.

Il giudice potrebbe utilizzare il proprio controllo di conformità in modo penetrante. Soffermandosi sulla “concreta attuabilità del piano” (46) e imponendo, se del caso, una adeguata informazione dei creditori estranei. Se ciò fosse realizzato, nei tempi imposti dalla legge, si potrebbe porre il problema dell’applicazione analogica dell’art. 180 comma 4 che consente al Tribunale, in caso di dissenso di un creditore appartenente ad una classe, di omologare il concordato se  ” il credito possa risultare soddisfatto .. in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili”. Tale disposizione è speciale e non eccezionale e può riferirsi  ad una procedura diversa (l’accordo di ristrutturazione) ma resa omogenea sul punto, da un potere correttivo del giudice non incompatibile con la sua funzione.

Resta il profilo della responsabilità e dei risarcimenti.

4. La responsabilità della parte e del tecnico

Questa precisazione consente poi di accogliere con la dovuta consapevolezza la recente giurisprudenza  sulla responsabilità pre-contrattuale(47) e sull’exceptio doli generalis(48).

a)La responsabilità pre-contrattuale. Come al solito la prassi agevola e consente la evoluzione di aspetti essenziali del diritto dei privati. Ciò che è accaduto è noto e non va sminuito con timide o reticenti letture. Di fronte a norme che impongono obblighi senza precisare le conseguenze della violazione si trattava di indicare il rimedio consentito dal sistema. Sul punto si può solo  rimarcare l’importanza sistematica di una recente sentenza della Cassazione a sezioni unite  in tema di responsabilità pre-contrattuale che ha recepito e precisato i tratti di un rimedio contrattuale di straordinaria potenzialità.

 La Suprema Corte utilizza una semplificazione utilissima. La violazione determina nullità se l’obbligo incide sulla struttura e gli elementi essenziali dell’atto genera responsabilità se incide su un comportamento delle parti. Ma la vera novità è un’altra.

Si precisa che le regole di validità non esauriscono ogni altra valutazione sui contegni posti in essere nella fase formativa e che la responsabilità precontrattuale o contrattuale può essere affermata anche in presenza di un contratto già concluso e valido in ipotesi di contegno contrario alla buona fede.

 Ciò significa riconoscere che a fianco delle norme sui vizi del consenso e la rescissione coesiste ed opera una regola duttile e primaria che impone di informare, di non approfittare, di non porre in essere pratiche sleali e ingannevoli. In tal caso pur essendo il contratto concluso e valido ma pregiudizievole per effetto di tali contegni è possibile richiedere il risarcimento dei danni sofferti. La novità rispetto al passato anche recente è chiara. Si riteneva e si ritiene che le norme di validità esauriscano e assorbano ogni altra valutazione e che sia dunque impossibile affermare il dovere di risarcire per fatti posti in essere prima di un contratto concluso e valido. Ciò sarebbe contrario ad un’esigenza di certezza e stabilità delle relazioni giuridiche. Ma il giudicato delle Sezioni Unite fa oggi chiarezza.

Se ne trae che il risarcimento è ” il mezzo per correggere il risultato lesivo dovuto al contegno scorretto”. Da qui la conseguenza che il giudice deve ripristinare non solo l’interesse negativo ma l’interesse positivo della parte vittima del comportamento in mala fede a non “essere coinvolto nelle trattative di un contratto valido ma sconveniente”. Sicchè il risarcimento deve essere commisurato al “minor vantaggio o al maggior aggravio economico determinato dal contegno sleale di una parte”.

La ratio è chiara.

Si tende a conservare l’operazione economica e la validità dell’accordo e a riequilibrare il contratto attraverso il risarcimento che può avere, si è detto, una precisione chirurgica secondo una linea coerente con il principio del cumulo dei rimedi affermato nelle fonti e nei principi europei. La Corte di Giustizia europea, nel caso Courage,  in presenza della domanda di risarcimento di una parte di un contratto affetto da nullità ha ritenuto possibile cumulare  le due azioni  superando la tradizione di civil law  ove “l’invalidazione è destinata a prevenire e sostituire il risarcimento”(49). Ancora nel testo di Common frame of reference si afferma con chiarezza la cumulabilità dei rimedi che non siano fra loro incompatibili (art. III- 3:102) ,secondo una logica che ammette ,in caso di lesione di un interesse protetto, tutte le tutele che sia possibile esperire salvo le ipotesi di incompatibilità logica.

A ben vedere tale indirizzo è espressione della tendenza radicata alla espansione del rimedio per equivalente che esalta il valore economico dell’affare sino a prevalere sul controllo giuridico dell’atto. Ma passaggi ulteriori possono essere tracciati.

Superato il dogma dell’egemonia della fattispecie e attribuita autonoma rilevanza ai contegni formativi ed esecutivi del regolamento, è in questa area che si devono valutare squilibri e scorrettezze, giovandosi anche delle regole del reparto probatorio secondo i criteri indicati dalla Corte di Cassazione.

La natura  della responsabilità  è contrattuale per le  parti che  violano un obbligo di buona fede e per il  tecnico per la inosservanza dei doveri di protezione derivanti dal suo stato e dal contatto sociale che si instaura con tutti i creditori dell’impresa. Ne deriva una inversione probatoria che agevola ancora i terzi esclusi.

Seguendo l’iter  della massima ricordata sarà sufficiente provare lo svantaggio e lo squilibrio determinato dal contegno in mala fede e allegare il diritto alla correttezza di cui all’art.1337 c.c. nonché la violazione di tale dovere e la sua efficienza ad arrecare il danno.  Incomberà poi sull’altra parte, in virtù del principio di vicinanza della prova, l’onere di dimostrare l’adempimento dell’obbligo di buona fede e l’inesistenza del danno o del nesso causale.

E’ del tutto evidente come tale rimedio possa essere efficace contro un contegno delle parti o del tecnico che assevera il piano svantaggioso per gli aderenti all’accordo e in particolare per i creditori esclusi.

Certo un tale indirizzo necessita di correttivi che è già possibile prefigurare. Innanzi tutto contro il timore di un’eccesiva discrezionalità del giudice occorre ricordare due aspetti.

Il giudice deve accertare su impulso di parte l’esistenza di un comportamento scorretto e ciò in base ad un giudizio ,non di fatto ma di diritto secondo un procedimento e una motivazione che è censurabile sotto il profilo della legittimità. Sicchè l’accertamento della  buona o male fede è regola di diritto al pari di qualsiasi altro giudizio.

D’altra parte la vicenda andrà esaminata in base alle circostanze specifiche e alla concreta condotta di entrambe le parti. Se la conclusione del contratto è avvenuta con la piena consapevolezza di entrambi i contraenti dell’esistenza di comportamenti scorretti non si potrà poi sollevare la violazione della buona fede senza venire contra factum proprium.

Queste ed altre accortezze sono del tutto idonee a consentire giudizi equilibrati e ragionevoli.

b) l’exceptio doli generalis.

Nella fase esecutiva del rapporto la tendenza giurisprudenziale non è meno netta. Scorrettezze, eccezioni di dolo, abuso del diritto hanno un riconoscimento esplicito entro l’area della clausola di buna fede in esecutivis con funzione correttiva. La massima della Cassazione è ancora chiarissima ed è volta d attribuire al rimedio efficacia generale.

Si distingue una figura di dolo commessa al tempo della conclusione del contratto (seu praeteriti) volta ad ottenere l’annullamento o il risarcimento del “danno prodotto dal comportamento tenuto in violazione dell’obbligo di buona fede” (50) da una figura diversa e generale. L’exceptio doli generalis ( seu preasentis) che  è indicato appunto come ” rimedio generale ,diretto a precludere l’esercizio fraudolento o sleale dei diritti di volta in volta attribuiti dall’ordinamento”, con un preciso fondamento.  Contenere “azioni giudiziarie pretestuose o palesemente malevole, intraprese, cioè, all’esclusivo fine di arrecare pregiudizio ad altri o contro ogni legittima ed incolpevole aspettativa altrui”. La casistica richiama il contegno di chi tace ” nella prospettazione della fattispecie controversa situazioni sopravvenute alla fonte negoziale modificative o estintive  del diritto fatto valere ( Cass. n.10864 del 1999) richieste di pagamento risultanti prima facie abusive o fraudolente in caso di contratto autonomo di garanzia (Cass. n.3964 del 1999), divieti di venire contra factum prioprium  ( Cass. 5639 del 1984)(51). L’ambito della clausola è dunque esteso con un unico limite ancora non varcato. Si hanno ancora dubbi, forse giustificati, nell’ammettere l’eccezione in caso di diritto a lungo esercitato ma non prescritto e di eccezione di nullità di un atto che ha prodotto effetti di cui la parte si è giovata senza aver  impugnato  per un lungo periodo di tempo.

Si può solo concludere che le clausole generale sono uno strumento utile e rigoroso la cui efficacia   è  espressamente precisata dalla Corte di Cassazione  in vari settori e con varie modalità. Come valutazione dei contegni in tutta la fase antecedente e successiva all’atto di autonomia (Cass. n.26724 del 2007). Come mezzo di tutela rafforzata del cittadino nei confronti del gestore di servizi pubblici (Cass. n.23304 del 2007). Nei contratti bancari ( n. 10692 e 2137 del 2007) ove in tema di validità della pattuizione di interessi ultralegali viene ribadita ” una definizione rigorosa dell’onere della prova a carico della banca, fondata oltre che sulla necessità del rispetto del principio della buona fede, sul principio di prossimità della prova, che informa tutte le tipologie di contratti caratterizzate da una forte asimmetria informativa e documentale tra le parti”. Come regola di condotta non solo di diritto sostanziale ma anche “di diritto processuale capace di precludere condotte abusive del creditore nella fase di tutela giudiziale del credito contrastanti anche con il principio del giusto processo” (Cass. n.23726 del 2007)(52).

Sarebbe spiacevole constare che la dottrina è oggi ,in parte, più arretrata della giurisprudenza nella ricerca e definizione dei rimedi più efficienti nelle aree di attività ove si avverte con sempre più insistenza il respiro nuovo del mondo. Sono sicuro che non sarà così.

5. Contratto sulla crisi fra codice, legge  e costituzione

                                                                                                

La verità è che per delineare una rigorosa disciplina  del contratto sulla crisi di impresa occorre avere una chiara consapevolezza.

Anziché riflettere sulla centralità del diritto privato generale  e delle sue categorie o sostenere che oramai questo si è frantumato nei “diritti secondi che lo avrebbero definitivamente dissolto” occorre utilizzare dati sistematici di ricostruzione tratti dalla Costituzione e dall’ordine comunitario cui questa rinvia nell’art 117 comma 1 (53).

Dalla leggi di riforma e da quelle che seguiranno occorre muovere per attingere ai principi e agli orientamenti tratti da quelle fonti.

Dall’ ordine comunitario  si traggono almeno due  elementi significativi.

a) Anzitutto l’ evoluzione della disciplina della responsabilità patrimoniale.

Nelle codificazioni   il patrimonio (54) è disciplinato  in una dimensione statica  in stretto coordinamento con l’obbligazione che è sintesi di debito e responsabilità. Si comprende così la riserva di legge per ogni limitazione che  è assoluta come assoluto è il principio della generale  soggezione dei beni alle pretese dei creditori.

L’ ordine comunitario innova profondamente. 

Si supera la visione statica (55) e gli “esempi di collegamento patrimonio-attività” si moltiplicano.. sollecitati dalla normativa comunitaria che incide sul fondamento  della responsabilità patrimoniale  che comporta  “specializzazione dei compendi patrimoniali”.  Un esempio chiarissimo si ha nel diritto fallimentare ,oggetto di particolare attenzione, comunitaria(56)  e nelle proposte di intervento sul fenomeno  del sovra-indebitamento del consumatore che comportano un”progressivo ridimensionamento della universalità della responsabilità patrimoniale”(57).

b) Ma c’è un altro segno da utilizzare. Il regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza del 31 maggio 2002 si applica alle procedure concorsuali  (indicate negli allegati A e B) quando vi  sia un’insolvenza del debitore, lo spossessamento dei beni e la nomina di un curatore. “Il Consiglio ha esteso l’ambito di applicazione della fonte comunitaria a procedure nelle quali lo ” spossessamento” consista unicamente in una funzionalizzazione dei poteri del debitore ( alla tutela dei creditori) e vi sia una  supervisione del giudice(58). L’apertura verso soluzioni negoziali è espressamente sollecitata da una recente comunicazione della Commissione del 5 ottobre 2007 ove gli Stati nazionali  sono sollecitati a  impegnarsi nella riforma del fallimento commerciale ispirata alla riduzione del tempo delle procedure, alla elimininazione di restrizioni nell’ambito di una strategia globale della “promozione della seconda possibilità” per l’imprenditore corretto e dinamico(59).

Da tali dati si può trarre che il paradigma del contratto sulla crisi d’impresa non va tratto usando le tradizionali categorie privatistiche  o settoriali ma utilizzando tutte le potenzialità del nuovo sistema delle fonti da cui trarre regole e principi che esaltano  il ruolo dell’interprete e del  giudice a tutela di tutti i diritti e  gli interessi, individuali e collettivi, sottesi alla soluzione convenzionale della crisi.

NOTE:

(1) G. Vettori, La disciplina del contratto nel tempo presente, in Riv. dir.priv.,2004,p. 313 ss.,ora in Diritto dei contratti e costituzione economica, Milano,2005, p. 5 ss.

(2) F.Cafaggi e P. Iamiceli, Premessa, p.17.

(3) V. una limpida sintesi F. Di Marzio, Le soluzioni concordate della crisi d’impresa, in Il caso.it,II, p. 1 ss  a cui si farà riferimento per questi cenni introduttivi ma v. in particolare F. Macario, Insolvenza, crisi d’impresa e autonomia contrattuale. Appunti per una ricostruzione sistematica delle tutele., in Riv. soc., 2008, p. 102 ; V. Roppo, Profili strutturali e funzionali dei contratti “di salvataggio”( o di ristrutturazione dei debiti d’impresa), in  Riv.dir.priv. 2007,2,p.280ss. E.Gabrielli, Autonomia privata e accordi di ristrutturazione dei debiti, in Riv.es. forzata, 2006;F. Di Marzio, Crisi d’impresa e contratto.Note sulla tutela dell’acquirente dell’immobile da costruire, in Dir.fall.,2006,I,31ss.; L. Abete, Le vie negoziali per la soluzione della crisi d’impresa, in Il fallimento,2007,6,p.617;G.Presti, Gi accordi di ristrutturazione dei debiti, in Banca e borsa, 2006, p.23ss. ;P.Schlesinger, L’eguale diritto dei creditori di essere soddisfatti sui beni del debitore,in Riv. dir. proc.,1995, p.319 ss.

(4) F.Marzio, op. cit. p. 5 ss.

(5) Decreto legge n.35 e legge n. 80.

(6) “Il riferimento all’accordo asseverato è espresso nella disciplina dell’art. 182 bis, mentre  nel caso del concordato il piano , che può essere oggetto di accordo con una parte di creditori, non è offerto ad un consenso ma ad una delibera a maggioranza. In entrambi i casi il margine dell’autonomia privata è molto ampio tanto che il Tribunale non può più vanificare con una decisione negativa sulla convenienza l’approvazione della proposta da parte dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti. Diversi sono dunque i contenitori dell’accordo: a) può essere estraneo del tutto ad ogni procedura, b) può essere inserito nella procedura di omologazione semplificata (182 bis) c) può essere inserito in una procedura di concordato preventivo. “La scelta è strettamente connessa alla gravità della crisi dell’impresa” v. ancora F. di Marzio, op. cit., p. 5 ss.

(7) V.Roppo, op. cit.

(8) La relazione al codice è chiarissima  nello spiegare perché la causa è stata inserita come elemento essenziale del contratto, e a quale significato corrisponda quell’elemento: “nonostante gli equivoci e le critiche a cui il requisito della causa ha dato luogo … si è stimato necessario conservarlo e anzi, conferirgli massima efficienza”.È uno strumento  di cui la politica si vuole servire per disciplinare i rapporti tra privati, anzi “conferirgli massima efficienza, non solo e non tanto in omaggio alla secolare tradizione del nostro diritto comune, quanto e soprattutto perché un Codice fascista ispirato alle esigenze della solidarietà, non può ignorarne la nozione senza trascurare quello che deve essere il contenuto socialmente utile del contratto”.

(9) G.Gabrielli, Vincoli di destinazione importanti separazione patrimoniale e pubblicità nei registri immobiliari, in Riv.dir.civ.,2007, p.328. Ciò emerge subito dalla lettura di alcuni articoli : le norme fondamentali sui  rapporti economici (art. 41 e 42),  disciplinano l’iniziativa economica privata e la proprietà. All’art. 41 si legge che : “l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità social o in modo da recare danno alla sicurezza ,alla libertà, alla dignità umana“. Nel precetto costituzionale si parla di  contrasto: non c’è l’idea di funzione. La necessaria  coerenza tra l’interesse individuale e quello sociale. L’interesse individuale non deve contrastare con l’utilità sociale ma non c’è affatto una finalizzazione dell’interesse privato all’interesse sociale. L’ordine si capovolge.

(10) v. da ultimo Cass. 6 febbraio 2004 n. 2288, in Contr., 2004, 801 con nota di Palmieri.

(11) Macario reputa che operi oramai nell’ordinamento ” il principio secondo cui la gestione negoziata della crisi d’impresa esprime un interesse di per sé meritevole di tutela purchè la criticità non sia degenerata nell’insolvenza quale condizione di irreversibile pregiudizio per l’impresa.” Vi è dunque una ” sorta di connessione virtuosa fra autonomia privata ossia (uso del) per la gestione della crisi e mercato” sicchè non può meravigliare che il presupposto oggettivo sia individuato nello Stato di crisi. Di Marzio precisa che ” scopo della norma e di “incentivare il contratto sulla crisi d’impresa, premiando i suoi protagonisti e dunque favorire la composizione negoziale della crisi, nel mercato e secondo le regole del contratto”.

(12) In Italia, nell’ambito delle proposte di riforma delle procedure concorsuali, si vedano i progetti di riforma presentati dalla Commissione Trevisanato, dal gruppo DS e dall’Adiconsum. A livello comunitario si veda il Reg. 1346/2000 del Consiglio del 20 maggio 2000 relativo alle procedure d’insolvenza, pubblicato nella Gazzetta ufficiale nel n. 160 L del 30 giugno 2000.

(13) È nota l’evoluzione della disciplina della revocatoria. Se da un lato si ribadisce nella giurisprudenza di legittimità  il rilievo della conoscenza  dello stato di decozione nel momento di conclusione dell’atto e la funzione distributiva a tutela della par condicio creditorum ( anche se decidendo su le fattispecie precedenti  quelle riformate) dall’altro il legislatore segue strade in parte diverse per “favorire in vario modo la composizione stragiudiziale ( e comunque pre-fallimentare ) della crisi” (..) . Prime fra tutte le esenzioni dalla revocatoria fallimentare che ” costituisce di per sé una tecnica di tutela (operante sul piano contrattuale) contro l’insolvenza”. Vediamole.Il nuovo art. 67 l. fall. al terzo comma prevede una serie di casi esenti fra cui  i pagamenti di beni e servizi nell’esercizio dell’attività d’impresa, le rimesse effettuate in conto corrente che non abbiano ridotto in modo consistente e durevole l’esposizione, le vendite a giusto prezzo d’immobili ad uso abitativo e gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purchè posti in essere in esecuzione di un piano di risanamento della esposizione debitoria.Il d.lgs 20 giugno 2005 n.122 sulla tutela dell’acquirente di immobili da costruire.L’art. 39 2° comma del TUB per le ipoteche di primo grado concesse a garanzia di operazioni di credito fondiario.In materia di cartolizzazione dei crediti L. 30 aprile 1999 n. 130. La legge 21 febbraio 1991 n. 52 sulla cessione dei crediti d’impresa.

(14) V.M. Lobuono e M. Lorizio, (a cura di) Credito al consumo e sovraindebitamento del consumatore. Scenari economici e profili giuridici., Torino, 2007, ed ivi M. Lo Buono, Brevi note sui profili giuridici del sovraindebitamento del consumatore, p.150. v. anche Parere del Comitato economico sociale sul tema del “sovraindebitamento delle famiglie” 2002/C149/01. e il successivo del febbraio 2006 ove si è proposto di inserire il tema nel programma di azione comunitaria in materia di salute e tutela dei consumatori. v. altresì G.Presti,L.Stanghellini,F.Vella L’insolvenza del debitore civile,in Analisi giuridica dell’economia,2,2004, ed ivi,  L:Stangellini,“Fresh start”: implicazioni di “policy”, p. 437 ss.;M.C.Cardarelli, L’insolvenza del debitore civile, in Francia,p.299; I. Mecatti, L’insolvenza del debitore civile in Spagna, p. 321;F.M.Mucciarelli, L’insolvenza del debitore civile in Germania, p.337.

(15) Art. 6 sull’obbligo per l’imprenditore insolvente di richiedere il proprio fallimento, art. 7 sull’iniziativa del p.m., art.8 sul fallimento d’ufficio, art. 217 nn. 3 e 4 sulla responsabilità del debitore che ritardi la dichiarazione di fallimento

(16) V. F.Macario, op. cit., p. rintracciabile ” nel momento in cui la tutela che fa capo alla sospensione dell’esecuzione ( in un rapporto obbligatorio di natura contrattuale) preludio o anticamera …della sua cessazione per risoluzione…si rispecchia nella sospensione dei mezzi finanziari che determina la cessazione dell’attività facente capo all’impresa insolvente.” C’è dunque un’intersezione fra le discipline dell’atto e dell’attività e di due sistemi di regole. Non c’è dunque contraddizione fra le due discipline perché il “nuovo concetto  decisivo ossia la situazione di crisi d’impresa vale senz’altro a giustificare il salvataggio, grazie al ruolo rivalutato dell’autonomia privata, venendosi in tal modo a definire i contorni di quella sorta di limbo fra insolvenza civilistica e insolvenza concorsuale, a vantaggio dell’unitarietà del sistema”.

Roppo distingue un approccio convenzionale e uno non convenzionale della causa . Prima risposta più convenzionale  Il “debitore riceve dai creditori un assetto più vantaggioso delle sue passività e in cambio si espone a un certo potere di ingerenza dei creditori ( o comunque riassoggetta a vincoli) nella gestione dell’impresa. Il tutto finalizzato al superamento della crisi o all’eliminazione dell’insolvenza. In ciò starebbe la funzione ec. soc. Il modo di manifestarsi -comprovando che quella funzione è effettivamente attuata- è il “regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo”. Dunque il pagamento dei creditori estranei si rileva come un dato intrinsecamente essenziale e fondante dell’accordo stesso, diciamo pure un elemento significativo della sua causa ( nell’accezione “oggettiva” e tipizzante di funzione economica sociale). La regolarità del pagamento degli estranei significa regolarità rispetto al titolo originario del debito estraneo all’accordo.

Approccio meno convenzionale.

Il debitore “offre informazioni sul suo stato di crisi sulle caratteristiche e le prospettive della crisi….come vera risorsa con un valore significativo; ed offre la possibilità di controllare la gestione dell’impresa. In cambio l’imprenditore riceve vantaggi funzionali al superamento della crisi e ” la possibilità di conservare una quota significativa di controllo e dominio sulla gestione della crisi anziché essere espropriato in favore” di una procedura. Da qui una diversa valutazione della meritevolezza. La gestione concordata della crisi “crea più risorse..ed è socialmente preferibile ad un meccanismo che ne crea meno”. Non solo, la ripartizione fra  creditori delle risorse create  con la gestione convenzionale della crisi è sicuramente giusta. Per i partecipanti all’accordo perché deriva da una loro valutazione di convenienza, per gli estranei perché debbono essere soddisfatti per intero. Vero risultato necessario. Da qui la centralità della relazione redatta da un esperto e la responsabilità del giudice che omologa l’accordo.

La differenza con il concordato è evidente. I creditori aderenti sono protetti dalla garanzia formale procedurale del loro voto favorevole ma i creditori che non hanno votato a favore della proposta non sono protetti dalla garanzia della piena soddisfazione del credito  e “rischiano di subire il sacrificio in misura più o meno penalizzante senza avere manifestato la volontà di accettare questo esito ( anzi avendo magari manifestato volontà contraria)”. Né introduce un rilievo significativo la possibilità di divisione dei creditori in classi perché ” il modello delle classi , a seconda di come concretamente  applicato, può essere fattore di “giustizia” ma anche veicolo di “ingiustizia” della soluzione concordataria. Il che enfatizza il ruolo e la responsabilità del giudice investito dell’omologa del concordato, aprendo un dibattito sulla natura solo formale o sostanziale del relativo giudizio e quindi sui margini di autonoma e discrezionalità di cui dispone il Tribunale. Ed è questo uno dei problemi più delicati della riforma.

(17) Per il Trib. Milano, 23.01.2007, in Fall., 2007, 701, gli accordi di ristrutturazione dei debiti disciplinati dall’art. 182bis l.fall. sono configurabili come «negozio di diritto privato qualificabile come contratto bilaterale plurisoggettivo a causa unitaria».

(18) M. Ferro, Art.182 bis La nuova ristrutturazione dei debiti, in Il nuovo diritto delle società, 2005,56, e A. Pezzano, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis legge fallimentare: un’occasione da non perdere, nota a Trib.Milano, 21 dicembre 2005, in Dir.fall.,2006,II, 674.

(19) V. in particolare L.Stanghellini, Le crisi d’impresa fra diritto ed economia,Bologna, 2007, p361 n.57 che individua il ruolo della legge non tanto nella idoneità ” a renderli legittimi in astratto, ma di dar loro una particolare forza di resistenza ( e di dare a chi vi partecipa un’immunità da conseguenze negative) quando essi non abbiano successo e la crisi, nonostante il tentativo di risolverla precipiti.”  M.Fabiani, Il regolare pagamento dei creditori estranei negli accordi di cui all’art. 182 bis, in Foro it.,2006,I,2564;

(20) L. Stanghellini, op. cit., p. 328 n. 57; G. Presti,Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Banca Borsa, 2006,23;

(21) G. Presti, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, cit.; E.Frascaroli Santi, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti ( art.182 bis legg.fall.) e gli effetti per coobbligati e fideiussori del debitore, in Dir.Fall., 2005,I, p. 857 ss. G.Fauceglia, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nella legge 80/2005,in Fall., 2005, p.1448 ss;G:Canale, Le nuove norme sul concordato preventivo e sugli accordi di ristrutturazione, in Riv. dir. proc.,2005, p.918 ss. Trib. Brescia decr.22 febbraio 2006, in Fall. 2006, p. 669; Trib. Roma,decr. 16 ottobre 2006,ivi,2007,p.187; Trib. Milano, 11 gennaio  2007, in Dir. fallim., 2008, II, 136; Trib. Milano, 23 gennaio 2007 Trib. Udine, 22 giugno 2007, in Fallim., 2008, 701.

(22) F.Macario, Insolvenza,crisi di impresa e autonomia contrattuale.Appunti per una ricostruzione sistematica delle tutele,cit., p.3.

(23) F.Macario, Il credito al consumo, in I contratti dei consumatori, Trattato dei contratti, dir.da P.Rescigno e E.Gabrielli, Torino, 2005, 543; Credito al consumo e sovraindebitamento del consumatore:aspetti economici e profili giuridici, a cura di M.Lobuono e M.Lorizio, Torino,2007.

(24) F.Macario, op. ult. cit.,  e P. Schlesinger, L’eguale diritto dei creditori di essere soddisfatti sui beni del debitore, in Riv.dir.proc., 1995, 319. L’insolvenza civile e commerciale. L’evoluzione della disciplina. Nella crisi dell’impresa tali problemi emergono in modo eclatante sin dalla stessa  distinzione fra insolvenza  commerciale che apre la via per tali sole imprese alla tutela concorsuale (oltre a quella comune) e l’insolvenza civile di ogni altro debitore che può avvalersi solo delle “forme individuali di tutela”. Mentre la prima è identificata come una “situazione di squilibrio finanziario.. da accertarsi con un giudizio prognostico”, la seconda implica ” un depauperamento del debitore, tale da indurre il creditore a non poter più fare affidamento ( non già sui flussi finanziari, come nel caso dell’imprenditore commerciale, ma) sulla consistenza del patrimonio”. La diversità delle discipline merita attenzione per cogliere l’evoluzione del sistema.

Nel sistema del codice civile l’art. 1186 comporta la decadenza dal beneficio del termine, l’art. 1461 prevede la “facoltà di sospensione dell’esecuzione della prestazione dovuta, allorché le condizioni patrimoniali dell’altro contraente divengano tali da porre in evidente pericolo il successivo conseguimento della controprestazione, salvo la prestazione di garanzia, mentre forme di tutela cautela analoghe sono previste da norme settoriali quali gli articoli 1822,1956,1959, 1845. Come si è osservato in tali diritti potestativi di autotutela si intravede a favore del creditore  ” un potere di controllo sull’altrui situazione patrimoniale e sull’attività negoziale”.. strumentale  all’esercizio delle azioni di eliminazione dell’atto. Analogo potere di controllo attribuisce secondo la giurisprudenza prevalente e la dottrina minoritaria l’art. 1461 che consente la sospensione, ” non solo per il sopravvenire del mutamento in peius delle condizioni patrimoniali del contraente rispetto alla stipulazione del contratto- come si evince dal testo normativo- ma in presenza di un dissesto patrimoniale anteriore alla nascita del rapporto giuridico e ignorato incolpevolmente dal contraente tenuto ad adempiere per primo”. Tale istituto integra, secondo taluno, un’ “eccezione di insicurezza” introdotta per la prima volta dalla Convenzione di Vienna che attribuisce un rimedio forte al creditore che dovrà tuttavia esercitarlo solo in presenza di rigorosi presupposti se vuol evitare una sua responsabilità rilevante ai fini della risoluzione e dei danni cagionati al debitore.

(25) Trib.Milano decr. 21 dicembre 2005,in Fall.,2006,p.670.

(26) V.Roppo, Profili strutturali e funzionali dei contratti “di salvataggio” ( o di ristrutturazione dei debiti d’impresa), in Riv.dir.priv., 2007,2,p. 277. L’unica conseguenza negativa si ha in caso di fallimento del piano e dell’impresa. In tal caso i creditori non aderenti subiranno la falcidia del concorso mentre le operazioni compiute saranno esenti dalla revocatoria. Il che “giova ai creditori aderenti (v. ad esempio la garanzia acquisita) e nuoce ai creditori non aderenti ( che vedono ridursi la massa di risorse disponibili per la soddisfazione del loro credito concorsuale). “E’ questa la ragione di fondo per la quale i creditori non aderenti sono legittimati ad opporsi all’accordo; è questo il dato essenziale di cui il Tribunale dovrà tenere conto nel decidere se accordare o negare l’omologazione

(27) In tal senso è la prevalente dottrina v. G. Presti, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in La riforma della legge fallimentare, a cura di S.Ambrosini, Bologna, 2006, p. 384 ss., e M. Fagiani, Il regolare pagamento dei creditori estranei agli accordi di cui all’art. 182 bis l.fall., in Foro it. 2006, I,2564 ove alla nota 6 un ampio richiamo.

(28) v. in particolare M.Fabiani, Il regolare pagamento dei creditori estranei negli accordi di cui all’art.182 bis l.fall., cit.,2564.

(29) M.Fabiani, op. cit., 2564. Si è così  ricordato il termine “regolare” può riferirsi ad un significato di “abituale” “normale” “conforme” esprimendo la regola che i creditori estranei debbono essere integralmente soddisfatti, ma può anche significare, si osserva, “conforme a criteri di proporzione e simmetria” con un richiamo alla posizione dei partecipanti all’accordo.

(30) M.Fabiani, op. cit., 2565.

(31) M.Fabiani, op. loc. cit.

(32) Così L.Stanghellini,Le crisi di impresa fra diritto ed economia. Le procedure di insolvenza, Bologna,2007,p.311.

(33) L  Stanghellini, op. cit.,  p. 328.

(34) R. D’Amora, Breve relazione alla tavola rotonda sul concordato preventivo, svolta al convegno tenutosi a Firenze il 1 febbraio 2008, dal titolo “La riforma della riforma del  diritto fallimentare”, p. 1 ss. (del dattiloscritto).

(35) R. D’Amora, op. cit.

(36) R. D’Amora, op. cit.

(37) R. D’Amora, op. cit.

(38) A.Di Majo, Delle obbligazioni in generale, in Tratt.

(39) A.Di Majo, op. cit., 356 ss.

(40) C.Proto, Accordi di ristrutturazione dei debiti e tutela dei creditori, in La tutela dei diritti nella riforma fallimentare, cit. p.302: “non possono sorgere dubbi sul significato letterale dell’espressione “regolare pagamento”, tenuto conto che la “regolarità” è connessa al pagamento, è formula equivalente al “regolare soddisfacimento delle obbligazioni” di cui all’art.5 l.fal. ed è perfettamente coincidente,nel suo significato,all’esatto adempimento.”

(41) v. N.Irti, in Manuale di diritto privato europeo, 1, cit. p. 57 ss.

(42) L.Stanghellini,La crisi d’impresa fra diritto ed economia, cit. p.312-313.

(43) Gli artt. 611-8 comma 2,n.3 e L.611-7 comma 5, del Code de commerce consentono al giudice di imporre  al creditore una dilazione o una rateizzazione con conseguente arresto delle azioni esecutive.

(44) F.Giunta, Revocatoria e concordato preventivo:tutela penale, in Diritto e pratica del fallimento,1,2006,p.34 ss.

(45) così testualmente L.Stanghellini, Le crisi di impresa fra diritto ed economia, cit. p.327 ss,329 ss,332.

(46) Trib.Milano, 24 gennaio 2007, in Contr., 2007, 657.

(47) Cass. sez.un. 19 dicembre 2007 n. 26725  ( e 2674) vedila in Obb.cont. 2008,2, con commento di G.Vettori, Regole di validità e di responsabilità di fronte alle Sezioni Unite. La buona fede come rimedio risarcitorio, p. 1 ss.

(48) Cass. 7 marzo 2007, n. 5273 in Contr., 2007, 971.

(49) Così A.Di Majo, Le obbligazioni pecuniarie, Torino, 1996,  p.141.

(50) Cass.7 marzo 2007,n.5273, in Contr., 2007, 971.

(51) vedi l’elenco dei precedenti in Cass. 7 marzo 2007, n.5273, cit.

(52) v. V. Carbone, Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2007, Roma,25 gennaio 2008,p.445-46

(53) G. Vettori, Il diritto dei contratti fra costituzione, codice civile e codici di settore, in Riv. Trim. dir. e proc. Civ., 3, 2008.

(54) A. Di Majo, Le obbligazioni, in Manuale di diritto privato europeo,II, a cura di C.Castronovo e S. Mazzamuto, Milano, 2007, p. 137 ss. Si ricompongono ” i diritti di proprietà in un’unica situazione di appartenenza per liberare le cose da vincoli e balzelli e per incentivare una  più rapida e sicura circolazione della ricchezza”. Nello stesso tempo  si attribuisce piena autonomia alla disciplina delle obbligazioni e della responsabilità patrimoniale che assumono una chiara funzione ordinante

(55) A.Di Majo, op. cit. p. 178

(56) v. Comunicazione della Commissione del 5 ottobre 2005 COM(2007) 587, ove si invita gli Stati e la comunità imprenditoriale a dare “il loro contributo per la creazione di un ambiente in grado di sostenere gli imprenditori a rischio e coloro che hanno fatto l’esperienza di un fallimento aziendale, al fine di trasformare l’Unione europea in un’area più dinamica per l’imprenditorialità e la seconda possibilità”.

(57) V.M.Lobuono e M.Lorizio,( a cura di ) Credito al consumo e sovraindebitamento del consumatore. Scenari economici e profili giuridici., Torino, 2007, ed ivi M. Lo Buono, Brevi note sui profili giuridici del sovraindebitamento del consumatore, p.150. v. anche Parere del Comitato economico sociale sul tema del “sovraindebitamento delle famiglie” 2002/C149/01. e il successivo del febbraio 2006 ove si è proposto di inserire il tema nel programma di azione comunitaria in materia di salute e tutela dei consumatori.. v. altresì G.Presti,L.Stanghellini,F.Vella L’insolvenza del debitore civile,in Analisi giuridica dell’economia,2,2004, ed ivi,  L.Stangellini,“Fresh start”: implicazioni di “policy”, p. 437 ss.;M.C.Cardarelli, L’insolvenza del debitore civile in Francia,p.299;I.Mecatti, L’insolvenza del debitore civile in Spagna, p.321;F.M.Mucciarelli, L’insolvenza del debitore civile in Germania, p.337.

(58) G.Terranova, Le procedure di insolvenza, in Manuale di diritto privato europeo, cit. p.140,148 ss.

(59) Comunicazione 5 ottobre 2007 COM(2007) 584.

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