ISSN 2239-8570

Lungaggini da iter burocratico: la giurisprudenza non riconosce il danno non patrimoniale, di Jacopo Mazzantini

 Jacopo Mazzantini – Avvocato del foro di Firenze 

Cass., 9 aprile 2009, n. 8703 

Con la sentenza n. 8703 del 9 aprile 2009, la terza sezione della Corte di Cassazione ritorna sul tema dei confini del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c.

Nel novembre del 2004 il Sig. B.R. agiva in giudizio contro l’Agenzia delle Entrate di Catania, ritenendola responsabile dei danni morali e da stress subiti a seguito delle “lungaggini” dell’iter burocratico affrontato per ottenere lo sgravio di somme non dovute. L’attore lamentava che, proposta istanza per l’annullamento della cartella esattoriale in data 17-2-2004, aveva ottenenuto l’accoglimento della stessa solo a sei mesi di distanza, durante i quali, a fronte dell’inerzia dell’Agenzia delle Entrate, si era visto costretto a reiterare solleciti ed a recarsi più volte allo sportello, in considerazione di ingiustificati rinvii e dinieghi.

 

Con sentenza del del 7 aprile 2005 il giudice di pace di Catania, accogliendo la domanda dell’attore, dichiarava l’Agenzie delle Entrate di Catania responsabile del danno non patrimoniale provocato al Sig. B.R., condannandola al risarcimento dei danni, liquidati in via equitativa in €. 300,00, nonchè al pagamento delle spese processuali.

 

L’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, eccependo l’impossibilità di configurare “l’annullamento in autotutela della P.A.” come un obbligo dell’amministrazione.

 

La Suprema Corte, con la sentenza in esame, accoglie il ricorso proposto dalla Agenzie delle Entrate di Catania, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, pronunciando nel merito, rigetta la domanda di B.R., compensando tra le parti le spese di entrambi igradi di giudizio.

 

La Corte ribadisce i principi affermati dalle SS.UU.” nelle recenti sentenze nn. 26972-26973-26974-26975/08):

a) la tipicità del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. (“quale norma di rinvio ai casi previsti dalla legge…ovvero ai diritti costituzionali inviolabili”);

b) la rilevanza costituzionale concerne “l’interesse leso e non il pregiudizio consequenzialmente sofferto”;

c) la risarcibilità del danno non patrimoniale presuppone “che la lesione sia grave (e, cioè, superi la soglia minima di tollerabilità, imposto dai doveri di solidarietà sociale) e che il danno non sia futile (vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi o sia addirittura meramente immaginario)”.

 

Muovendo da tali assunti, la Corte di Cassazione evidenzia come:

– da un lato, il caso di specie non configuri né “un’ipotesi di danno patrimoniale prevista dal legislatore ordinario” “un’ingiustizia costituzionalmente qualificata”;

– dall’altro “la ritenuta lesione del diritto alla tranquillità” debba essere ricondotta a “quegli sconvolgimenti della quotidianità consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro di insoddisfazione (cd. bagatellari) ritenuti non meritevoli di tutela risarcitoria (pag. 34 della sentenza n. 26972/2008)”.

 

* * * * *

 

Ciò posto, mette conto rilevare come la pronuncia in esame, con un obiter dictum, sembri prendere le distanze da un’altra recentissima sentenza della Suprema Corte. Si legge, infatti, nelle motivazioni: “le SS.UU. con quattro contestuali sentenze di contenuto identico (nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 in data 11-11-2008), hanno di recente proceduto ad una rilettura in chiave costituzionale del disposto dell’art. 2059 c.c., ritenuto principio informatore del diritto, come tale vincolante anche nel giudizio di equità”.

 

Ebbene, come già riportato su questa rivista, la stessa sezione terza della Corte di Cassazione, con la sentenza 25 febbraio 2009, n. 4493, aveva statuito che il giudice di pace “nell’ambito del solo giudizio d’equità, può disporre il risarcimento del danno non patrimoniale anche fuori dei casi determinati dalla legge e di quelli attinenti alla lesione dei valori della persona umana costituzionalmente protetti”.

Tale pronuncia si poneva, così, in netto contrasto con quanto statuito dalle Sezioni Unite (cfr. Cass. nn. 26972-26973-26974-26975/08, cit.: “i limiti fissati dall’art. 2059 c.c., non possono essere ignorati dal giudice di pace nelle cause di valore non superiore ad euro millecento, in cui decide secondo equità. La norma, nella lettura costituzionalmente orientata accolta da queste Sezioni unite, in quanto pone le regole generali della tutela risarcitoria non patrimoniale, costituisce principio informatore della materia in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, che il giudice di pace, nelle questioni da decidere secondo equità, deve osservare”).

 

Con la sentenza n. 8703/2009, dunque, la sezione terza della Corte di Cassazione sembra mutare nuovamente indirizzo e fare proprio l’orientamento seguito sul punto dalle Sezioni Unite.

 

 

Pubblicato in Illecito civile

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