ISSN 2239-8570

Rinnovazione tacita di locazione, di Chiara Sartoris


DOCUMENTI ALLEGATI

La pronuncia delle Sezioni Unite ha origine da una controversia in tema di locazione. La società attrice, avendo acquistato, con contratto di cessione, i diritti derivati da un contratto di locazione immobiliare, intima sfratto per morosità, ai sensi dell’art. 658 c.p.c., alla società conduttrice, al fine di ottenere il rilascio dell’immobile, con contestuale citazione della convalida. La società intimata si oppone alla convalida eccependo sia la mancanza di legittimazione attiva dell’intimante sia l’inesistenza del diritto della stessa a percepire i canoni della locazione, dal momento che questi ultimi erano stati pignorati con atto antecedente al contratto di cessione. Mentre il Tribunale di Latina decide per la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della conduttrice, la Corte d’Appello, invece, rigetta la domanda di sfratto per morosità e la domanda di pagamento dei canoni insoluti.

Giunta la controversia in Cassazione, la Corte rimette gli atti alle Sezioni Unite, rilevando che è controverso, nella giurisprudenza di legittimità, “se in caso di pignoramento dell’immobile e di successivo fallimento del locatore, operi, quale effetto ex lege, la rinnovazione tacita di cui alla L. n. 392 del 1978, artt. 28 e 29, e se poi la stessa rinnovazione tacita necessiti, o meno dell’autorizzazione del giudice dell’esecuzione ex art. 560, c.p.c., comma 2”. L’ordinanza interlocutoria, infatti, richiama due diversi orientamenti sul tema. L’orientamento tradizionale predica la necessità della autorizzazione del giudice per la rinnovazione tacita della locazione avente ad oggetto l’immobile pignorato, ritenendo che essa integri un nuovo negozio giuridico bilaterale (Cass. n. 2576/1970, Cass. n. 8800/1998, Cass. n. 1639/1999, Cass. n. 15297/2002, Cass. n. 26238/2007). Secondo un orientamento più recente, invece, l’autorizzazione del giudice dovrebbe considerarsi superflua dal momento che la rinnovazione tacita alla prima scadenza costituirebbe un effetto automatico scaturente direttamente dalla legge, e non da una manifestazione di volontà negoziale (Cass. n. 10498/2009).

Le Sezioni Unite, dopo aver richiamato la disciplina dell’art. 1597 c.c. (Rinnovazione tacita del contratto) e le differenze tra la rinnovazione e la novazione della locazione, giunge ad affermare un principio di diritto che si pone in linea di continuità con quello affermato dalla Corte nel 2009: “In tema di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, disciplinata dalla legge sull’equo canone, la rinnovazione tacita del contratto alla prima scadenza contrattuale, per il mancato esercizio, da parte del locatore, della facoltà di diniego della rinnovazione stessa (L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 28 e 29) costituisce un effetto automatico che scaturisce direttamente dalla legge, e non da una manifestazione di volontà negoziale. Ne consegue che, in caso di pignoramento dell’immobile e di successivo fallimento del locatore, tale rinnovazione non necessita dell’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, prevista dall’art. 560 cod. proc. civ., comma 2”.

Le Sezioni Unite pervengono a tali conclusioni riflettendo sul fatto che “la legge sull’equo canone costituisce un microsistema autonomo rispetto al sistema generale sulle locazioni disciplinato dal codice civile”. Pertanto, tale sistema normativo, per come strutturato, conduce a considerare la rinnovazione tacita del contratto, alla prima scadenza, come una fattispecie speciale e autonoma rispetto alla rinnovazione tacita del contratto di cui all’art. 1597 c.c. (che si riferisce alla fine della locazione per lo spirare del termine di cui all’art. 1596 c.c.). Di conseguenza, la rinnovazione si configura come mero effetto automatico in assenza di disdetta.

Va, pertanto, esclusa – argomentano le Sezioni Unite – l’applicabilità dell’art. 560 c.p.c., poiché tale norma, “vietando al debitore e al terzo custode di dare in locazione l’immobile pignorato se non sono autorizzati dal giudice delegato fa esplicitamente riferimento ad un atto negoziale di volontà che, nella specie, non ricorre”.

In considerazione di tutto ciò, alla ricorrente viene riconosciuta la legittimazione attiva ad intimare lo sfratto per morosità, poiché – appunto – il contratto di locazione si è rinnovato automaticamente alla prima scadenza. 

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