ISSN 2239-8570

Onere probatorio e requisiti della trattativa individuale idonea ad escludere l’applicazione della disciplina posta a tutela del consumatore, di Francesca Lucchesi

Francesca Lucchesi, dottoranda in diritto civile

 

Cass. sez. III, ord. 3 luglio – 26 settembre 2008, n. 24262

 

Onere probatorio e requisiti della trattativa individuale idonea ad escludere l’applicazione della disciplina posta a tutela del consumatore, di Francesca Lucchesi

 

Sommario: 1. Il caso e i quesiti posti alla Corte di Cassazione – 2. Gli argomenti della Suprema Corte – 3. La decisione della Corte di Cassazione

 

1. Il caso e i quesiti posti alla Corte di Cassazione

 

La Corte di Cassazione, nella pronuncia in commento (1), torna ad occuparsi di foro del consumatore(2), precisando quali requisiti deve presentare la trattativa individuale per escludere la vessatorietà della clausola che stabilisca come sede del foro competente una località diversa da quella di residenza o di domicilio elettivo del consumatore e su chi gravi il relativo onere probatorio.

 

L’ordinanza si pronuncia sul ricorso presentato contro la declaratoria di incompetenza per territorio del Tribunale di Salerno, il quale, pur avendo ritenuto che la controversia, relativa ad una domanda di annullamento per dolo o risoluzione del contratto avente ad oggetto “un trattamento di epilazione radiale”, fosse sussumibile nei c.d. contratti dei consumatori e che il consumatore avesse la residenza nella circoscrizione del Tribunale, concludeva che, nel caso di specie, doveva operare la clausola di deroga che introduceva un foro esclusivo, “aggiunta a penna” nel contratto, voluta ed approvata con le modalità di cui all’art. 1341 c.c.

 

Il ricorrente si duole che il giudice non abbia considerato la natura processuale della disposizione che, sanzionando con la nullità la clausola che stabilisce “come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio del consumatore”, riconosce la inderogabilità del c.d. foro del consumatore. Nel caso in esame “l’aggiunta a penna” della clausola di deroga del foro del consumatore, indicante la competenza del foro di Modena per ogni controversia relativa allo stipulato contratto, non poteva essere considerata idonea a dimostrare l’esistenza della “libera autodeterminazione delle parti”. Inoltre il giudice aveva erroneamente ritenuto che dovesse incombere su di lui “la prova dell’assenza delle trattative”.

 

Il ricorrente concludeva, ponendo dei quesiti alla Suprema Corte riassumibili nei seguenti punti:

 

  • – se la clausola di cui all’art. 1469bis, comma 3 c.c. debba essere interpreta nel senso che il legislatore ha stabilito la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, presumendosi vessatoria la clausola che stabilisca come sede del foro competente una diversa località (Cass. sez. un. 1/10/2003, n. 14669);
  • – se per superare la presunzione di vessatorietà della suddetta clausola il professionista abbia l’onere di provare la trattativa individuale con il consumatore (Cass. 29/9/2004, n. 19591).
  • – se la prova della trattativa specifica possa consistere nella mera approvazione per iscritto della clausola oppure debba consistere in una partecipazione attiva del consumatore fin dalla fase della predisposizione della clausola; e se, in mancanza di prova della trattativa, la clausola vessatoria sia nulla;
  • – se nel contratto concluso mediante moduli o formulari per disciplinare in modo uniforme determinati rapporti contrattuali sia il professionista a dover provare che non sono vessatorie le clausole che sono state oggetto di specifica trattativa individuale, malgrado da egli unilateralmente predisposte;
  • – se il richiamo cumulativo di tutte le condizioni generali di contratto costituisca specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie per gli effetti di cui all’art. 1341, 2° co., c.c., ovvero se per soddisfare l’obbligo di informazione volto a rendere conoscibile il contenuto della clausola a chi l’ha sottoscritta, sia necessario che la stessa sia evidenziata in modo chiaro e autonomo dalla parte che l’ha predisposta. E se, al fine di determinare la validità delle clausole vessatorie ai sensi dell’art. 1341, 2° co. c.c., sia sufficiente il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto con sottoscrizione indiscriminata sotto la relativa elencazione in base al numero d’ordine (Cass. 14/06/1999 n. 5832).

La Suprema Corte dichiara fondato il ricorso e respinge la tesi del resistente.

 

2. Gli argomenti della Suprema Corte

 

Il Collegio condivide le osservazioni esposte nella relazione depositata in cancelleria dal consigliere relatore.

 

La relazione prende le mosse dalla qualifica di contratto del consumatore effettuata dalla Corte di merito con riferimento al negozio da cui è insorta la controversia, per affermare l’applicabilità al caso di specie della disciplina predisposta dal legislatore a tutela del consumatore, in origine contenuta nel capo XIVbis del codice civile e poi trasfusa nel Codice di consumo agli artt. 33 ss. La normativa a tutela del consumatore, infatti, come precisato con chiarezza anche da una recente sentenza (3), trova applicazione «a qualsiasi contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, qualunque ne sia l’oggetto».

 

Alla fattispecie controversa, secondo la Suprema Corte, deve pertanto trovare applicazione l’art. 1469 bis, 3° comma n. 19 (ora art. 33, comma 2 lett. u), il quale statuisce che la competenza per territorio del giudice va determinata con riferimento al luogo di residenza o di domicilio elettivo del consumatore. È opportuno ricordare che sul tema è intervenuta una pronuncia a sezioni unite della Corte di Cassazione, la quale ha chiarito che si tratta di foro esclusivo e speciale (4), derogabile dalle parti soltanto con trattativa individuale (5). Con la conseguenza che deve essere considerata vessatoria la clausola con cui si stabilisca come sede del foro competente una località diversa da quella della residenza o domicilio elettivo del consumatore, a meno che la stessa sia stata oggetto di trattativa individuale, circostanza che esclude l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore, preclude l’accertamento giudiziale in ordine all’abusività delle clausole, e comporta la necessità per il giudice di applicare la disciplina in tema di contratto in generale (6).

 

Da quanto sopra deriva che ai fini della deroga del foro del consumatore, sia in ogni caso insufficiente la specifica approvazione per iscritto ex art. 1341, comma 2 c.c. Il rapporto tra quest’ultima normativa e la disciplina posta dal codice del consumo è oggetto di approfondimento da parte del consigliere relatore, il quale ne delinea l’ambito di applicazione. Si specifica che la vessatorietà contemplata dalla normativa a protezione del consumatore, la cui ratio risiede nella tutela di quest’ultimo a fronte della predisposizione unilaterale delle clausole ad opera delle parti, quale potenziale fonte di abuso, può riguardare anche il singolo rapporto, “laddove l’onerosità ex art. 1341, 2° co., c.c. attiene ai contratti unilateralmente predisposti da un contraente in base a moduli o formulari in vista dell’utilizzazione per una serie indefinita di rapporti”. Il contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, pur in presenza di un significativo squilibrio, viene, invece, sottratto alla relativa disciplina di protezione per essere assoggettato alla normativa sul contratto in generale, nelle parti in cui sia stato oggetto di trattativa individuale. In queste ipotesi la preclusione discende “non già dalla non vessatorietà della clausola o del contratto fatti oggetto di specifica trattativa, bensì dalla inconfigurabilità della loro unilaterale predisposizione ed imposizione, quali (possibili) fonti di abuso nella vicenda di formazione del contratto”.

 

Affinché l’applicazione della disciplina a tutela del consumatore possa considerarsi preclusa, la trattativa, continua la relazione, deve presentare le caratteristiche della individualità, serietà e effettività.

 

La individualità indica la necessità di avere riguardo “alle clausole o agli elementi di clausola costituenti il contenuto dell’accordo, presi in considerazione singolarmente e nel significato che assumono nel complessivo tenore del contratto”. La serietà, invece, esige che le parti abbiano assunto un comportamento obiettivamente idoneo a raggiungere il risultato cui la trattativa è diretta”. Infine è necessario che la trattativa presenti l’ulteriore requisito della effettività, ovvero che la trattativa sia effettuata “non solo storicamente ma anche in termini sostanziali effettuata, nel rispetto della autonomia privata delle parti, riguardata non solo nel senso di libertà di concludere il contratto ma anche nel suo significato di libertà e concreta possibilità – anche -per il consumatore di determinare il contenuto del contratto”.

 

Dalle argomentazioni sopra svolte consegue che l’ “aggiunta a penna” di una clausola non è un requisito sufficiente per garantire la effettività della trattativa, in quanto priva dei requisiti “imprescindibili” tratteggiati dalla Suprema Corte, con particolare riguardo alla effettività.

 

Il consigliere relatore offre, poi, una preziosa precisazione in materia di riparto dell’onere della prova. Infatti, sebbene l’art. 34 comma 5 del codice del consumo preveda l’onere del professionista di provare che le clausole oggetto del contratto siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore con riferimento ai soli contratti conclusi mediante moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, per i contratti diversi da questi ultimi non si può in alcun modo desumere che incomba sul consumatore l’onere di provare l’ “assenza di trattativa”. Si argomenta, infatti, che quest’ultima costituisce un elemento oggettivo di esclusione di applicazione della disciplina posta a tutela del consumatore e non un requisito costitutivo di vessatorietà delle clausole. Con la conseguenza che graverà sul consumatore che agisce in giudizio, allegare presupposti e requisiti necessari per ottenere la declaratoria di nullità, ovvero la predisposizione del contratto da parte del professionista, il suo utilizzo nell’ambito della propria attività professionale e la corrispondenza delle clausole del contratto con quelle di cui all’art. 33 comma 2 o 36 comma 2 del Codice di consumo. Graverà, invece, sul professionista dare la prova dei fatti impeditivi o modificativi, ovvero di una trattativa idonea ad escludere l’applicazione della normativa posta a tutela del consumatore, poiché qualificata dai requisiti sopra indicati. Ciò, d’altra parte, è coerente con la scelta del legislatore di porre l’onere della prova in capo alla parte che nel rapporto contrattuale ha la maggior possibilità di fornirla, ovvero il professionista.

 

3. La decisione della Corte di Cassazione

 

Il Collegio condivide tutte le osservazioni riportate nella relazione con alcune precisazioni. La Suprema Corte ricorda che l’art. 36 del Codice di consumo, con portata innovativa, sanziona ora con la nullità “soltanto a vantaggio del consumatore”, rilevabile anche d’ufficio dal giudice, le clausole considerate vessatorie ai sensi degli artt. 33 e 34, restando valido il contratto per il resto.

 

La Corte di Cassazione conclude dichiarando la competenza per territorio del Tribunale del luogo di residenza del consumatore e ponendo a fondamento della sua decisione i seguenti principi di diritto:

 

“1) Nelle controversie tra consumatore e professionista, ai sensi dell’art. 33, comma 2 lett. u), d.lgs. n. 206 del 2005..la competenza territoriale spetta al giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo.

 

2) Se..il professionista eccepisce l’incompetenza territoriale del giudice avanti al quale è stato tratto..nell’ambito di un contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali,..incombe al medesimo dare la prova positiva che tale clausola [di deroga al foro del consumatore] è stata oggetto di trattativa idonea – in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività – ad escludere l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo..

 

Laddove..sia viceversa il consumatore..a sollevare questione di incompetenza territoriale del giudice avanti al quale è stato tratto, al medesimo incombe di allegare che trattasi di controversia concernente contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, spettando al professionista, che contrappone la sussistenza di una clausola di deroga al foro del consumatore, dare la prova positiva che tale clausola è stata oggetto di trattativa idonea – in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività – ad escludere l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo..”.

 

I medesimi principi di reparto dell’onere probatorio valgono anche qualora il professionista o il consumatore, anziché eccepire l’incompetenza territoriale, facciano valere in via d’azione, rispettivamente, la conclusione di un contratto con il consumatore o la declaratoria di inefficacia di una clausola vessatoria (quarto principio di diritto).

 

Non solo. La Suprema Corte precisa che, sebbene non espressamente previsto dal Codice di consumo, la regola di ripartizione dell’onere probatorio indicata nel secondo e quarto principio di diritto “si applica anche al contratto concluso in maniera diversa dalla sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, sicché spetta al professionista dare la prova positiva che le clausole sono state oggetto di trattativa idonea.. ad escludere l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo..; incombe al consumatore che agisce in giudizio per la declaratoria di inefficacia di una clausola vessatoria o abusiva (diversa da quella di deroga al foro del consumatore) allegare che ricorrono i presupposti ed i requisiti necessari e sufficienti per pervenire alla declaratoria domandata, e cioè che il contratto è stato predisposto dal professionista, il quale lo utilizza nel quadro della sua attività professionale, e che le clausole costituenti il contenuto del contratto corrispondono a quelle vessatorie di cui dell’art. 33, comma 2, d.lgs. n. 206 del 2005..; spetta invece al professionista dare la prova dei fatti impeditivi o modificativi, e pertanto la prova positiva dello svolgimento di trattativa idonea – in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività – ad escludere l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo..” (principi di diritto sub 3) e 5)).

 

Infine, la Suprema Corte, concludendo l’attenta analisi svolta nella relazione, enuncia i seguenti tre principi di diritto:

 

6) L’aggiunta a penna della clausola nell’ambito di testo contrattuale dattiloscritto o la mera approvazione per iscritto di una clausola sono inidonee ai fini della prova positiva della trattativa, sia quale fatto storico che della relativa effettività, e pertanto dell’idoneità della medesima a precludere l’applicabilità della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo (e già dagli artt. 1469bis ss. c.c.)

 

7) In mancanza della prova della trattativa, in base all’art. 36, comma 1, d.lgs. n. 206 del 2005 le clausole considerate vessatorie ai sensi degli artt. 33 e 34 sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto.

 

8 ) Il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto e la sottoscrizione indiscriminata di esse apposta sotto la relativa elencazione in base al mero numero d’ordine è inidonea a determinare, ai sensi dell’art. 1341, 2° co., c.c., l’efficacia della clausola vessatoria (rectius, onerosa) di deroga all’ordinaria competenza territoriale.

 

NOTE:

 

  • (1) Cass. sez. terza, ordinanza 3 luglio – 26 settembre 2008, n. 24262.

  • (2) Sulla natura del c.d. foro del consumatore, si vedano: Cass., 29 novembre 1999, n. 13339, in Corr. giur., 1219; Cass. 22 novembre 2000, n. 15101, in Giust. civ., 2001, I, 2466; Cass. 24 luglio 2001, n. 10086, in Contr., 2001, 1077, 2; Cass. 28 agosto 2001, n. 11282, in Foro it., 2001, I, 3587; Cass. sez. un., ord.1 ottobre 2003, n. 14669, in Foro it., 2003, I, 3298; Cass. 20 agosto 2004, n . 16336, in Contr., 2005, 241; Cass. 29 settembre 2004, n. 19591, in Foro it. Online; Cass. 23 febbraio 2007, n. 4208, in Foro it., 2007, I, 2439.

  • (3) Così: Tribunale di Napoli, 6 dicembre 2007, in Obb. e contr., con commento di F. Lucchesi, Foro del consumatore riconosciuta l’applicazione anche al c.d. contratto di spedalità, 397 ss., il quale ha riconosciuto «l’applicabilità della tutela del consumatore a tutti i contratti senza alcuna distinzione».

  • (4) La natura e la portata della clausola prevista dall’art. 33, comma 2, lett. u) del Codice del consumo sono state precisate dalla Cassazione che, pronunciandosi a sezioni unite (ord. 1.10.2003, n. 14669, in Foro it., 2003, I, 3298), ha risolto un contrasto precedentemente formatosi intorno a due aspetti problematici. Il primo riguardava la natura sostanziale o processuale della clausola, risolto dalla Cassazione nel senso di attribuire natura processuale alla clausola di cui all’art. 33, comma 2, lett.u) ed ha ammesso, conseguentemente, l’applicabilità della disciplina del foro del consumatore alle cause iniziate dopo l’entrata in vigore della disciplina delle clausole vessatorie, anche se relative a contratti stipulati anteriormente, in base al principio stabilito dall’art. 5 c.p.c. secondo cui “la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda”. Il secondo aspetto concerneva la portata derogabile o inderogabile del foro del consumatore. Sul punto la Cassazione ha riconosciuto l’istituzione di un foro esclusivo del consumatore ed ha condiviso l’interpretazione secondo cui la norma, individuando nella sede del consumatore il foro delle controversie che lo riguardano, «viene a sostituirsi, nel relativo campo di disciplina, a quelle del codice di procedura che individuano per le controversie nascenti da contratto altri criteri di collegamento». Sicché la clausola che preveda come foro competente uno di quelli indicati dal codice di procedura civile deve essere considerata vessatoria.

  • (5) La Corte di Cassazione nella citata sentenza a sezioni unite precisa, infatti, che la qualifica di “esclusivo” del foro non esclude che questo possa subire delle deroghe a causa dell’«ampio spettro» della disciplina in cui la disposizione si inserisce. Il significato dell’inciso è stato chiarito da successive sentenze della Cassazione che, riaffermando l’esclusività del foro speciale introdotto dalla clausola n. 19 dell’art. 1469bis, hanno precisato che le parti lo possono derogare soltanto con trattativa individuale (Cass. 20 agosto 2004, n. 16336, in Contratti, 2005, 241), e che grava sul professionista l’onere della relativa prova (Cass. 29 settembre 2004, n. 19591, in Foro it. on-line). Cfr. amplius: F. Lucchesi, Foro del consumatore riconosciuta l’applicazione anche al c.d. contratto di spedalità, cit., 397 ss.

  • (6) In dottrina cfr.: Stella, sub art. 1469bis, comma 3, n. 19, in Clausole vessatorie e contratto del consumatore, a cura di Cesaro, Padova, 1996. Contrari alla tesi del foro esclusivo del consumatore anche G. De Nova, Le clausole vessatorie, 1996, 27), Cian, Il nuovo capo XIVbis (titolo II, libro IV) del Codice civile, in Studium iuris, 1996, 425; L. Racheli, Il foro esclusivo del consumatore dopo il codice del consumo, in Nuova giur. civ. comment., 2006, parte II, 532). Sia consentito rinviare anche a F. Lucchesi, sub art. 33 comma 2 lett. u), in Codice del consumo, Commentario, a cura di G. Vettori, Padova, 2007.

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