ISSN 2239-8570

La Corte di Cassazione definisce il “mercato rilevante” ai sensi della legge Antitrust, di Francesca Lucchesi

Francesca Lucchesi, dottoranda in diritto civile

Cass. civ., sez. I, 13 Febbraio 2009, n. 3638

Sommario: 1. La questione affrontata dalla Corte di Cassazione – 2. La Fattispecie – 3. Gli argomenti della Corte di Cassazione – 4. Conclusioni

1. La questione affrontata dalla Corte di Cassazione 

Con la sentenza in commento (1), la Corte di Cassazione, allineandosi al significato emerso in ambito comunitario e nazionale, ha definito con chiarezza la nozione di “mercato rilevante” al cui interno l’art. 3 della legge antitrust (2) pone il divieto di abuso di posizione dominante. La nozione di mercato rilevante assume, dunque, una fondamentale importanza, in quanto strumentale alla definizione di posizione dominante, ovvero quella posizione di forza economica che permette all’impresa che la detiene di determinare la propria condotta in modo indipendente dai concorrenti e dai consumatori (3).

2. La Fattispecie

Le ricorrenti, società e una ditta individuale operanti nel settore degli appalti relativi alla costruzione e manutenzione degli impianti elettrici per conto di E., citavano in giudizio la E. società di produzione di energia elettrica, facendo valere “la nullità delle clausole contrattuali relative alla determinazione dei prezzi, la rideterminazione di tali prezzi ex art. 1657 cod. civ., la restituzione ex art. 2033 cod. civ. delle somme pagate in più rispetto al dovuto, oltre ad interessi e rivalutazione, ed infine il risarcimento dei danni ex art. 2043 cod. civ., per abuso del potere monopolistico nel settore della produzione, trasporto, distribuzione e vendita dell’energia elettrica”.

Gli attori lamentavano la violazione dell’art. 82 Trattato U.E. e dell’art. 3 della L. 287/90 che pongono il divieto dell’abuso di posizione dominante. Adducevano, altresì, la violazione della norma che pone il divieto di abuso di dipendenza economica, profilo, però, non ulteriormente coltivato dalle società ricorrenti.

La E., costituitasi, eccepiva nel merito che nel caso di specie non vi erano i presupposti per l’applicazione della L. 287/90, non essendo identificabile un mercato rilevante nel settore della posa in opera e manutenzione degli impianti elettrici a bassa e media tensione e per non sussistere alcuna condotta abusiva da parte propria.

La Corte d’Appello respingeva le domande attoree ritenendo che non fosse configurabile in Puglia “un mercato specifico e/o rilevante” che riguardasse gli appalti per cui era stato instaurato il giudizio e che l’esistenza di una disparità di trattamento contrattuale non fosse sufficiente per affermare un abuso di mercato.

Avverso la sentenza le imprese soccombenti proponevano ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte rigettate le eccezioni preliminari, dichiarava fondato il ricorso.

3. Gli argomenti della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione precisa che l’individuazione del mercato di riferimento, comunemente indicato come “mercato rilevante, costituisce operazione preliminare e imprescindibile per l’accertamento di ogni condotta anticoncorrenziale ed assume rilievo centrale per gli illeciti di abuso come per le concentrazioni” (4).

Secondo la tesi delle ricorrenti il mercato rilevante è costituito “dal più piccolo gruppo di prodotti e dalla più piccola area geografica per cui è possibile, in ragione delle possibilità esistenti, la creazione di una posizione dominante” (5). La Suprema Corte specifica che tale principio non deve essere interpretato restringendolo ai soli contratti tra la società di produzione di energia elettrica e le ricorrenti e, che, piuttosto, per la definizione di mercato rilevante deve farsi riferimento alla “Comunicazione della Commissione sulla definizione di mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza “(6), ai provvedimenti della giurisprudenza comunitaria e nazionale, delle istituzioni comunitarie, dell’Autorità garante, le quali hanno posto in luce la rilevanza del parametro della sostituibilità sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta.

Il criterio della sostituibilità dal lato della domanda indica “il grado di fungibilità del prodotto di riferimento con altri prodotti che la domanda considera sostitutivi in base ai parametri essenziali, determinati dalla funzione d’uso, dalle caratteristiche del prodotto e dal prezzo”. Tale fungibilità, precisa la Suprema Corte, deve essere percepita dal consumatore non soltanto per le caratteristiche del prodotto, ma anche per “il livello del loro prezzo”.

La sostituibilità dal lato dell’offerta, identifica invece, una situazione in cui, “a fronte di un piccolo ma durevole aumento di prezzo del prodotto di riferimento, vi siano imprese che, pur essendo attive nella produzione di beni non fungibili, siano tuttavia capaci di produrre il bene di riferimento, convertendo la propria capacità produttiva in un breve periodo di tempo e senza affrontare ingenti investimenti”. In tale ottica è necessario avere riguardo non soltanto alle imprese che operano in un certo settore, ma anche a quello che potenzialmente potrebbero operarvi, considerando la possibilità di una conversione vantaggiosa sia dal lato economico che commerciale (7).

La Suprema Corte chiarisce che “ai fini della delimitazione del mercato rilevante occorre prendere in considerazione l’estensione geografica in cui l’operazione denunciata si colloca o sortisce effetti (mercato geografico) e l’ambito del prodotto o servizio che la medesima operazione investe (mercato del prodotto)”. Sicché il mercato rilevante all’interno del quale può avere efficacia la normativa concorrenziale viene determinato considerando sia il mercato del prodotto che il mercato geografico, i cui ambiti necessitano di essere distinti e chiariti.

La Comunicazione richiamata, al punto 7, definisce mercato del prodotto quello “che comprende tutti i prodotti e/o servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati”. Mentre per mercato geografico rilevante (punto 8 ) si deve intendere “l’area nella quale le imprese in causa forniscono o acquistano prodotti o servizi, nella quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che può essere tenuta distinta dalle zone geografiche contigue, perché in queste ultime le condizioni di concorrenza sono sensibilmente diverse”.

In base alle indicazioni offerte dalla Corte di Giustizia il mercato geografico può essere definito “come il territorio nel quale tutti gli operatori economici si trovano in condizioni di concorrenza analoghe, con riferimento proprio ai prodotti o servizi considerati”. Sicchè, conclude la Suprema Corte, “in tale ottica non è affatto necessario che le condizioni obiettive di concorrenza tra gli operatori economici siano perfettamente omogenee”, essendo, invece, sufficiente che esse siano analoghe o sufficientemente omogenee.

Il mercato dei prodotti, infine, riveste un’importanza centrale perché, precisa la Suprema Corte, la concorrenza non può che essere valutata in funzione “delle caratteristiche dei prodotti o dei servizi di cui trattasi”, in ragione delle quali detti prodotti o servizi si presentano idonei a soddisfare bisogni costanti e infungibili. Sicché per affermare che detti prodotti o servizi costituiscono un mercato distinto devono essere individuati in base alle caratteristiche ed in funzione dei bisogni che sono destinati a soddisfare.

4. Conclusioni

La Corte di Cassazione rileva che nel caso in esame la sentenza impugnata non ha condotto l’analisi secondo i criteri indicati dalla Corte di Cassazione al fine di determinare il mercato rilevante.

Non solo. La Suprema Corte ritiene che il giudizio condotto dalla Corte d’Appello in ordine all’assenza di abusi sia stato condizionato dalla definizione errata di mercato rilevante. Ovvero la Corte territoriale avrebbe escluso l’abuso di posizione dominante come conseguenza dell’esclusione della posizione dominante, in quanto l’affermazione secondo cui l’esistenza di disparità di trattamento non è una condizione sufficiente per affermare l’esistenza di abusi all’interno di un mercato specifico, è valida soltanto se chi pratica una tale condotta discriminatoria non si trova in una posizione dominante.

In conclusione, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello, affinché decida applicando i principi indicati in sentenza.

NOTE

(1) Cass., Sez. prima, sentenza 21 ottobre 2008 – 13 febbraio 2009, n. 3638, Presidente Plenteda – Relatore Tavassi, Ricorrente Cetel S.n.c. e altri.

(2) Si tratta della L. 287/90.

(3) Cfr. amplius G. Vettori, Contratto e rimedi, Padova, 2008. Per la definizione di posiiozne dominante CGCE, caso Hoffmann – La Roche sent. 13.2.1979 causa 85/76; Comunicazione della Commissione sulla definizione di mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza, in GUGE, C, 372 del 9.12.1997.

(4) La Suprema Corte osserva, infatti, che “più vasto è il mercato cui ci si rapporta, minore è il grado di dominanza che l’impresa può rivestire sullo stesso, mentre, al contrario, più ristretto è il mercato rilevante maggiore può essere la quota rivestita sullo stesso dall’impresa considerata.

(5) La Corte di Cassazione precisa che tale ambito, rileverebbe, piuttosto, per la denuncia di abuso di posizione dominante.

(6) Comunicazione della Commissione sulla definizione di mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza, in GUGE, C, 372 del 9.12.1997. La sentenza in commento indica tale Comunicazione come “il testo fondamentale cui riferirsi” per la definizione di mercato rilevante.

(7) Anche se, precisa la Suprema Corte, vi è una tendenza a definire il mercato in rapporto ad un segmento ristretto piuttosto che ad un determinato settore. Si richiamano sul punto Corte di Giustizia, sentenze 21 febbraio 1973, causa 6/72, Continental Can Company/Commissione; 11 dicembre 1980, causa 31/80, L’ Oreal/De Nieuve; Trib. I Istanza 7 luglio 2000, caso Volkswagen.

Pubblicato in Contratto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Newsletter a cura di Giuseppe Vettori