ISSN 2239-8570

Danno non patrimoniale e diritti inviolabili, di Giuseppe Vettori

di Giuseppe Vettori – Professore Ordinario di Diritto CivileCassazione Civile, Sezioni Unite, 11 Novembre 2008, n. 26972

1. Gli antecedenti.

La sentenza è un punto di arrivo nella semplificazione del tema e un punto di partenza per centrare il ruolo della responsabilità civile, del contratto nell’area degli interessi e dei danni non patrimoniali. Provo a fissare qualche idea muovendo dalle tesi contrapposte ricordate nella premessa della decisione.

La dottrina si era divisa fra chi riconosceva un danno esistenziale, distinto dal danno biologico (lesione psico-fisica) e dal danno morale soggettivo (sofferenza) e chi negava autonomia alla figura ricompressa nell’ampia categoria delle lesioni non patrimoniali. D’altra parte le sentenze della Cassazione del 2003 (1) avevano unificato il concetto di danno non patrimoniale ma la Corte costituzionale, nel dichiarare infondata la questione del legittimità dell’art. 2059, aveva usato l’espressione danno esistenziale (2).

Questa ambiguità era presente anche all’interno delle sezioni civili della Corte. Alcune sentenze avevano fatto riferimento ad un tertium genus comprensivo della lesione di ogni attività realizzatrice della persona diversa dalla lesione fisica o psichica e dalla sofferenza morale (3). Altre avevano riaffermato la tipicità del danno non patrimoniale anche dopo il nuovo corso inaugurato con l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 (4).

Da qui l’ordinanza di rimessione con i famosi otto quesiti. In tema di: autonomia del danno esistenziale; rilievo o meno della gravità offesa; tipicità del danno non patrimoniale; ammissibilità di un danno morale da inadempimento; ambito del concetto di salute (fra integrità e benessere psi-cofisico); delimitazione dei criteri di liquidazione del danno; confini del danno tanatologico; oneri di allegazione e di prova.

La risposta della Corte si è mossa con linearità dettando un orientamento scandito in tre punti.

  • Il significato della “rilettura costituzionale ” del sistema del danno con il richiamo alla tipicità e alla categoria dei diritti inviolabili da precisare in concreto.

  • Il concetto di danno esistenziale nella sua evoluzione e la sua perdita di autonomia nel nuovo sistema binario

  • La possibilità di un danno non patrimoniale da inadempimento.

Ciascuna di queste conclusioni è articolata in un contesto sistematico apprezzabile, ispirato ad un convincimento saggio ma spesso trascurato: “la profondità del pensiero” molto raramente ha “rischiarato il mondo; è la chiarezza di pensiero a penetrarlo” (5).

2. La rilettura costituzionale del danno risarcibile.

Questa consapevolezza induce anzitutto ad iniziare dal problema del danno non patrimoniale limitato a lungo al solo danno morale soggettivo (le sofferenze) e risarcibile,si è detto per molto tempo solo in presenza di un reato coordinando l’art. 2059 c.c con l’art. 185 c.p.c.

Tale idea cade per una serie di fattori precisi indicati dalla sentenza.

L’incremento della legislazione ordinaria che amplia le ipotesi di danno morale (6), l’emergere del danno biologico sino alla lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059, ove si riconosce un danno non patrimoniale “nel caso di lesione di interessi di rango costituzionale”, perché, si sostiene nelle sentenze del 2003, il richiamo “di diritti inviolabili della persona non aventi natura economica, implicitamente, ma necessariamente, ne esige la tutela ed in tal caso configura un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di risarcimento del danno non patrimoniale.” (7)

La Corte di Cassazione completa questa interpretazione costituzionale con una serie di proposizioni che è opportuno esaminare da vicino.

  • – l’art. 2059 non è un’autonoma fattispecie ma va inserita nel sistema dell’illecito delineato dal codice e delimitato da un riferimento alla condotta, dal nesso causale e dall’ingiustizia del danno che va precisata anche in questa ipotesi cosi come in ogni altra figura di illecito e di danno.

  • – Il precetto contiene un rinvio alle ipotesi in cui la legge individua la risarcibilità del danno non patrimoniale e altri casi di “lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla costituzione” che la Corte enumera secondo una cadenza datata.

  • – L’elenco inizia del diritto alla salute (art. 32 Cost e 138 e 139 d.lgs. n.20972005) e dalla costruzione del danno biologico, per poi indicare le altre ipotesi dei diritti inviolabili della famiglia (art. 2,29, 30 Cost.), della lesione del diritto alla reputazione,all’immagine al nome, alla riservatezza (art. 2 e 3 Cost.).

  • – Tale ragionamento porta ad una prima, importante conclusione . Il sistema si articola in una partizione binaria e si differenzia per il trattamento dell’interesse protetto. Il danno patrimoniale è scandito da un’ atipicità che si articola nell’ipotesi in cui si leda un interesse giuridicamente rilevante, il danno non patrimoniale è riconosciuto in ipotesi tipiche previste dalla legge o in casi in cui si leda un diritto inviolabile della persona. Tale elenco non è chiuso, ma deve comprendere ,secondo la Corte, altre situazioni in cui si ravvisino , in base all’evoluzione della società, ” indici idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano, non genericamente rilevanti per l’ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana” (8).

3. Concetto e autonomia del danno esistenziale.

Anche del danno esistenziale si ripercorre brevemente la storia.

La iniziale intuizione aveva amèliato la tutela risarcitoria ad un pregiudizio non patrimoniale diverso dal danno biologico (integrità psicofisica) e dal danno morale soggettivo (sofferenza interiore) per aprirsi alla sfera “del fare non reddituale del soggetto”, alle “attività realizzatrici della persona” lese da un contegno illecito che altera la “vita di relazione e la qualità della vita”. Tutto ciò nell’area delimitata dall’art. 2043 per evitare i limiti posti dall’art. 2059.

A tale indirizzo si imputa un difetto.

Non aver individuato, “l’interesse giuridicamente rilevante leso dal fatto illecito” riconoscendo un danno “senza svolgere indagini sull’ingiustizia” (9).

Il punto dolente è individuato in una serie di figure colorite e “a volte risibili” contenute in sentenze del Giudice di Pace che si elencano in modo analitico: dal danno per l’errato taglio di capelli, all’attesa stressante in aeroporto, al disservizio dell’ufficio pubblico, all’invio di contravvenzioni illegittime, al mancato godimento di una partita di calcio per televisione determinato dal black-out elettrico”. Casi in cui ,osserva la Corte,”si risarcivano pregiudizi di dubbia serietà,a prescindere dall’individuazione dell’interesse leso, e quindi del requisito dell’ingiustizia”.

Da qui il ricordo della svolta operata dalle sentenze del 2003 che hanno ampliato la tutela del danno non patrimoniale ai diritti inviolabili della persona ponendo un preciso limite alla loro individuazione, e l’ affermazione che la figura del danno esistenziale, nata per colmare una lacuna, ha perso oggi la sua forza perché “un vuoto di tutela oramai più non sussiste”.

Ciò apre la via alla delimitazione dei criteri sino a precisare un catalogo, in verità obsoleto, dei danni non patrimoniali risarcibili.

  • – La lista comincia ancora da un illecito che integra un reato. In tal caso la tutela sarà dovuta anche in presenza “di un interesse giuridicamente protetto, desunto dall’ordinamento positivo, (comprese le convenzioni internazionali come la CEDU) purché sussista il requisito dell’ingiustizia del danno ai sensi dell’art. 2043.”

  • – In mancanza di reato occorrerà isolare la lesione di un diritto inviolabile della persona fra i quali si ricorda ancora le situazioni familiari, altre situazioni relazionali ( danno estetico o alla vita di relazione) e la perdita della capacità sessuale .

  • – Si precisano poi le modalità per fissare la rilevanza costituzionale dell’interesse. Tale giudizio, si osserva, non può concernere il pregiudizio sofferto ma deve avere ad oggetto “l’interesse leso e la consistenza della sua tutela costituzionale”. La tesi contraria, si continua, ” confonde il piano del pregiudizio da riparare con quello dell’ingiustizia da dimostrare” e si risolve “nell’abrogazione surrettizia dell’art. 2059 nella sua lettura costituzionalmente orientata”.

  • – Unica apertura è data dal fatto che il limite alla tutela verso un danno non patrimoniale “può derivare da una norma comunitaria che preveda il risarcimento…in ragione della prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno”.

La conclusione è netta.

Il danno esistenziale non è una categoria autonoma e non sono meritevoli di tutela i “pregiudizi consistenti in disagi,fastidi,disappunti, ansie ed ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana”.

E’ “immaginario” ogni riferimento al diritto “alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità: in definitiva il diritto ad essere felici”. Ciò perché “al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria, solo la lesione di un diritto inviolabile della persona concretamente individuato è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale”.

A ciò si aggiunge un ulteriore paletto. La gravità dell’offesa è individuata come “requisito” per il risarcimento perché tale filtro “attua il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima e quello della tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile”.

Infine si detta un limite ulteriore. I criteri individuati nella sentenza non possono essere superati neppure nel giudizio di equità del giudice di pace (valore non superiore a millecento euro) perchè l’art. 2059, nella sua attuale applicazione costituisce un principio informatore della materia in tema di danno non patrimoniale (10).

4. Il danno non patrimoniale da inadempimento.

La sentenza supera le precedenti incertezze ed ammette anche nell’area contrattuale la risarcibilità del danno non patrimoniale.

Ricorda i dubbi sulla ammissibilità del cumulo e considera superfluo il ricorso a tale espediente quando con un contratto si violi un diritto costituzionale della persona (11).

Ciò si reputa possibile in base all’art. 1174 attraverso un accertamento nell’area del contratto degli interessi che presentano carattere non patrimoniale da effettuare in base alla causa concreta del negozio “da intendersi come sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare, al di là del modello, anche tipico, adoperato…e dunque ragione concreta della dinamica contrattuale” (12).

Si richiama al riguardo la figura dei contratti di protezione nel settore sanitario e le ipotesi di contatto sociale che hanno esteso l’area della responsabilità contrattuale al paziente e ad alcuni soggetti terzi ” ai quali si estendono gli effetti protettivi del contratto…come il nascituro, subordinatamente alla nascita (13), il padre, nel caso di omessa diagnosi di malformazione del feto e conseguente nascita indesiderata”(14). In tutti questi casi si ipotizza la lesione del diritto inviolabile alla salute , del diritto inviolabile all’autodeterminazione in ordine alla decisione di interrompere la gravidanza (15) e dei diritti propri della famiglia (16).

Analoghe considerazioni sono svolte per i danni che subisce l’allievo all’interno dell’istituto scolastico (17) per le lesioni imputabili al vettore e nel rapporto di lavoro ove la legge stessa (art. 2087) tutela i diritti inviolabili in modo espresso e implica il risarcimento di quei danni che sono definibili come esistenziali solo in modo nominalistico perché “altro non sono che pregiudizi attinenti a diritti inviolabili del lavoratore”.

E’ evidente che in questo ambito saranno richiamate le norme sull’onere della prova (18) e quelle peculiari del rapporto (1218, 1225) mentre si verificherà una circostanza di grande rilievo ai fini del controllo del contenuto contrattuale. “Il rango costituzionale dei diritti suscettivi di lesione renderà nulli i patti di esonero o limitazione della responsabilità ai sensi dell’art. 1229, comma 2”.

5. Integralità e duplicazione del danno.

L’impianto teorico implica conseguenze notevoli sul piano del risarcimento del danno il quale dovrà essere integrale ma non duplicato con il richiamo di voci (morale, biologico, qualità della vita, serenità) prive di autonomia e da quantificare in concreto. Anche qui si formula un catalogo analitico.

  • – In presenza di un reato si dovrà risarcire la sofferenza morale che avrà valore autonomo se distinta dal mero pregiudizio non patrimoniale. Perché ciò accada si dovrà allegare “il turbamento dell’animo e il dolore intimo sofferto…senza lamentare degenerazioni patologiche della sofferenza” che rientrerebbero, altrimenti, nell’area del danno biologico. La conseguenza è rilevante.

  • – In caso di sofferenze fisiche o psichiche non si potrà duplicare , come oggi accade, danno biologico e danno morale, ma il giudice dovrà solo “personalizzare” la liquidazione del primo. Di più l’onere di allegazione diventa puntuale ed essenziale nella formulazione della difesa se non altro perché la sofferenza morale dovrà essere distinta da ogni rilievo patologico e sarà dovuta solo provando che la condotta illecita integra anche un reato.

  • – Anche la perdita del rapporto parentale perde una connotazione autonoma e la sofferenza relativa rientra nella categoria unitaria appena ricostruita che racchiude altre e controverse figure.

  • – Prima fra tutte il danno alla vita di relazione e i pregiudizi alla vita di relazione conseguenti all’illecito che non possono essere risarciti in modo autonomo.

  • – Rientrano invece nel danno biologico ipotesi come la lesione della integrità della sessualità e il danno estetico ed ogni altra lesione all’integrità psicofisica.

  • – Spetterà invece il solo danno morale per la “sofferenza provata dalla vittima di lesioni fisiche alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte”. In tal modo si supera il conflitto fra quella giurisprudenza che nega il risarcimento per il “danno biologico per la perdita della vita” (19) in caso di “morte immediata o intervenuta a breve distanza dall’evento lesivo” e che lo ammette per la perdita della salute “solo se il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile” (20). Una tale sofferenza, osserva la corte, a cagione del limitato periodo in cui è percepita non è tale da provocare una patologia e va dunque risarcita come “danno morale nella sua nuova accezione”.

Tutto ciò comporta come si è osservato esattamente un mutamento sensibile nelle valutazioni degli ” interpreti e specialmente da parte dei giudici di merito, poiché le tabelle adottate da tutti i Tribunali sono frutto ” di un ragionamento abituato a sommare singole voci di danno, mentre l’invito della “Suprema Corte è di muovere dalla figura che è più prossima a descrivere la perdita subita, eventualmente correggendo il calcolo del danno con criterio equitativo”(21).

6. La prova e la domanda.

Infine risulta definitivamente acquisito (22) che il danno non patrimoniale va distinto dall’evento dannoso perché non è un danno in re ipsa o una pena privata ma un danno conseguenza che deve essere espressamente allegato e provato (23).

Per il danno biologico la legge (art. 138 e 139 d. lgs. n. 209 del 2005) richiede l’accertamento medico legale ma ciò non sarà necessario quando il giudice lo ritenga impossibile o superfluo per la presenza di altri “elementi utili acquisiti al processo (documenti, testimonianze)” che possano legittimare una conclusione in base alle nozioni di comune esperienza o alle presunzioni.

Per “tutti gli altri pregiudizi non patrimoniali si potrà fare ricorso alla prova testimoniale, documentale e presuntiva” con una particolare rilevanza a tale ultimo mezzo che avrà sicura centralità nella materia per un motivo evidente alla Corte.

Nel “pregiudizio (non biologico) ad un bene immateriale” la prova per presunzioni sarà la più utilizzata e “potrà costituire anche l’unica fonte per la formazione del convincimento del giudice, non trattandosi di mezzo di prova di rango inferiore agli altri” (24). Il che sarà croce e delizia per i difensori che potranno giovarsi di un mezzo duttile di accertamento ma dovranno necessariamente allegare “tutti gli elementi che, nella concreta fattispecie, siano idonei a fornire la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto”.

Autonoma rilevanza assume il problema della qualificazione della domanda ai fini della sua eventuale tempestività e la soluzione deriva logicamente da quanto si è deciso.

In caso di lesione della integrità psicofisica della persona “al danno biologico va riconosciuta portata tendenzialmente omnicomprensiva” come risulta dalla norma contenuta nel Codice delle assicurazioni (25) ed in esso “sono compresi i pregiudizi attinenti agli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato”. Ciò al di là del termine usato e considerando che il danno esistenziale non ha una propria autonomia sicché si dovrà fare leva non sul nomen iuris impiegato dall’attore o dal convenuto ma sulla “richiesta di risarcimento del pregiudizio che…è stato prospettato nell’atto difensivo”

7. Danno non patrimoniale e diritti inviolabili nel tempo presente.

Dall’ analisi della sentenza emergono alcuni spunti di riflessione che elenco per un futuro approfondimento .

a) Tipicità o atipicità del danno non patrimoniale.

La distinzione fra “bene costituzionalmente protetto” e “bene giuridicamente rilevante” serve a contenere le ipotesi di danno risarcibile ma suscita perplessità quando ripropone l’idea che il danno patrimoniale può essere risarcito ai sensi dell’art. 2043 in presenza della lesione di un solo interesse giuridicamente rilevante, mentre il danno non patrimoniale è ammesso in sole ipotesi tipiche delineate da una soglia costituzionale dell’interesse protetto.

Con ciò si propone una lettura della Costituzione che limita anziché ampliare le prerogative soggettive. La rilevanza ordinaria di un interesse ne giustifica il risarcimento mentre per la tutela di un interesse non patrimoniale si dovrebbe isolare un carattere inviolabile di una situazione personale. Resta sorprendente che si argomenti così in un sistema che si era incamminato verso una qualificazione primaria degli interessi personali, non misurati con un criterio patrimoniale; ma la Corte chiude ogni spiraglio perché non sarebbe neppure ipotizzabile un giudizio di incostituzionalità dell’art. 2059 rafforzato dal recente indirizzo giurisprudenziale.

Come è stato esattamente osservato nel riproporre un rigido sistema binario del risarcimento si rischia di leggere la Costituzione alla luce di una norma ordinaria discussa e discutibile come l’art. 2059 del codice civile (26).

L’impressione è che si sia seguita una delle possibili e discutibili modalità per risolvere il conflitto fra norma e principio costituzionale. Si è forzato il testo del precetto ordinario con un operazione che poteva essere più agevolmente compiuta dal legislatore e dal Giudice costituzionale (27).

Ma la questione della costituzionalità dell’art. 2059 è ancora aperta se non altro perché la Costituzione è utilizzata, qui, per selezionare interessi, come la serenità o la sicurezza e danni, come lo stress o il disagio, che possono essere considerati irrilevanti, nell’area del danno risarcibile, ma non certo contrari ai principi costituzionali (28).

b) Gli interessi costituzionalmente rilevanti.

Il discrimine del diritto inviolabile come limite del danno non patrimoniale risarcibile esige di precisare i criteri di qualificazione delle nuove situazioni e a ben vedere il sistema tipico e la dualità del danno possono essere superati agevolmente.

Provo a indicare qualche percorso in tal senso.

L’itinerario dalla modernità alla contemporaneità è scandito dal passaggio dal soggetto alla persona ma anche questo itinerario è alle nostre spalle e dovremo guardare oltre per comprendere il nostro tempo e dare un senso effettivo alla pronunzia della Cassazione (29). Cominciamo con ordine.

Come ci ricorda di recente Stefano Rodotà (30) “l’invenzione del soggetto di diritto, rimane uno dei grandi esiti della modernità, di cui vanno meglio compresi i caratteri e la funzione storica”. La soggettività non è stata solo uno strumento in mano ai più forti appagati di un eguaglianza formale (31) né una costruzione che ha incarnato solo “le pulsioni d’un desiderio illimitato dell’individuo” (32).

Il concetto ha reso possibile una rivoluzione egualitaria liberando formalmente la persona “dalle servitù del ceto, del mestiere, della condizione economica del sesso, che fondavano la società della gerarchia, della disuguaglianza”. Ma certo l’astrazione si è prestata a servire le ideologie dominanti e per una ” lunga fase storica il beneficiario della pienezza della soggettività è stato soltanto il borghese maschio, maggiorenne, alfabetizzato, proprietario” (33).

Insomma il concetto ha espresso le idee del tempo (34) e la transizione all’idea di persona è scandita dalla storia e dalla forma giuridica che ne esprime la rilevanza sociale secondo un itinerario che possiamo tracciare passando dalla Costituzione alla modifica delle codificazioni ottocentesche (35) sino alla Carta dei diritti seguendo un percorso che indica i tratti di progressivo riconoscimento di interessi e bisogni concreti che segna il passaggio “dal soggetto di diritto al soggetto di carne che consente di dare progressivamente rilievo” (36) ai profili della diversità, della autodeterminazione, del corpo come valori che innovano e completano la struttura della nostra costituzione. Vediamo come.

Anzitutto il rapporto con il principio di dignità (articoli 3, 32, 36, 41) amplia il contenuto dell’art. 3 dalla sola dialettica fra eguaglianza formale e sostanziale ad un nuovo ordine fondato sulle prerogative della persona. In particolare il riferimento alla dignità sociale implica la “collocazione della persona all’interno del complessivo sistema di relazioni in cui si trova ad operare, dunque della sua stessa qualificazione giuridica” (37) perché “fa emergere le condizioni materiali dell’esistenza delle persone concrete”. Tutto ciò completa e integra l’articolo 2 “nel quale l’ alternativa e la separazione fra diritti e doveri sono superate ( e inglobate nel ) legame fra diritti inviolabili e principio di solidarietà” (38).

L’art. 36 con l’affermazione di un diritto ad una retribuzione “in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” dà pienezza alla libertà e alla dignità come attributi inseparabili in fatto e coniugati ad una effettività che deve garantire l’uno e l’altro valore. Non c’è libertà né dignità senza un contenuto economico che ne garantisca la piena realizzazione.

L’art. 32 non prevede solo un diritto alla salute su cui si è costruito un baluardo del risarcimento civile dei danni ma esalta la decisione e la libertà sul corpo. Dispone che i trattamenti obbligatori siano previsti solo dalla legge e che in nessun caso “possono incidere sul rispetto della persona umana, ma va oltre. In presenza di una scelta sulla esistenza stessa della persona prevede che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario” sicchè “nessuna volontà esterna, fosse pure quella coralmente espressa da tutti i cittadini o da un Parlamento unanime, può prendere il posto di quella dell’interessato” (39).

Come si è osservato “il corpo intoccabile diviene presidio di una persona umana alla quale in nessun caso si può mancare di rispetto. Il sovrano democratico, un’assemblea costituente, rinnova la sua promessa di intoccabilità a tutti i cittadini. Anche il linguaggio esprime la singolarità della situazione, perché è la sola volta in cui la Costituzione qualifica un diritto come “fondamentale” abbandonando l’abituale riferimento all’inviolabilità” (40).

La saldatura fra corpo e mente si completa con la tutela dinamica del “corpo elettronico” come insieme di “informazioni che ci riguardano, organizzate elettronicamente”. “La sovranità sul corpo si concreta (qui) nel diritto di accedere ai propri dati ovunque si trovino, di esigere un loro trattamento conforme ad alcuni principi ( necessità,finalità,pertinenza, proprorzionalità), di potere ottenere la rettifica, la cancellazione, l’integrazione”(41).

Altre fratture della nozione unica di soggetto “si sono manifestate sul terreno del Welfare State, della scienza e della tecnologia, del pensiero delle donne” (42). E ancora Rodotà ci ricorda il perché.

La selezione delle prestazioni assistenziali segue le “debolezze” del soggetto e si rivolge agli indigenti (art. 32), ai capaci e meritevoli privi di mezzi (art. 34), la madre e il bambino (art. 37).

L’astrazione della capacità giuridica era possibile pensando che la natura costituisse il fondamento delle prerogative essenziali del soggetto. Quando la vita e la morte dipende oramai, in misura sempre crescente, da scelte tecniche “la protezione naturale viene meno e la tradizionale costruzione del soggetto deve fare i conti con una realtà profondamente mutata”.

Il pensiero femminile fa emergere la differenza di genere come profonda rottura della nozione unitaria (43).

Finisce insomma la considerazione di un uomo senza qualità e la persona si caratterizza per il rilievo di aspetti particolari come la dignità e l’umanità , la materialità del corpo e l’intangibilità della sua scelta su aspetti sensibili (32) e generali (13).

  • c) La qualificazione dell’interesse leso e l’ingiustizia costituzionale del danno.

La Corte indica un percorso nella selezione dei danni (44).

Occorre muovere dagli articoli 2 e 3 della Costituzione, richiamare i vari articoli che precisano i contesti di rilevanza costituzionale della vita di relazione (famiglia, scuola, lavoro) tenendo conto della natura aperta di quelle norme e dell’apertura alle fonti comunitarie (art. 117 Cost.), ma ciò non è sufficiente.

Si deve anche considerare le norme ordinarie di attuazione dei principi costituzionali che non degradano, in certi casi, il rilievo delle posizioni soggettive. Faccio due esempi.

Il nuovo Titolo XII del Libro Primo del codice civile modifica la disciplina dell’incapacità e dà rilievo, in attuazione dell’art. 3 della Costituzione, alla protezione ” di persone prive in tutto o in parte di autonomia”. Collegando e coordinando fra loro l’art. 2, 3, 13 della Costituzione e l’art. 414 del codice acquista rilievo una situazione fondamentale di autodeterminazione libera della persona che va può arricchire il novero degli interessi costituzionalmente rilevanti.

D’altra parte l’applicazione “diretta dei diritti fondamentali trova estensioni sempre maggiori nel processo” (45) e legittima la concessione di nuovi rimedi (46). La dinamica dell’azione isola diverse situazioni fondamentali: dal diritto ad un processo giusto e non eccessivamente lungo ad un interesse per giudizio iniziato o proseguito con finalità non pretestuose o infondate. Ancora il collegamento fra gli articoli 111 e 24 della Costituzione e l’art. 96 del codice di procedura civile può fondare interessi di rilievo forte.

Tutto ciò è espressione di un fenomeno in atto.

In assenza del “legislatore spetta ai giudici evitare che i precetti costituzionali rimangano inattuati” (47) e le tecniche sono note. Si utilizzano i principi costituzionali in funzione integratrice di clausole generali come la buona fede o attraverso la mediazione di “norme ordinarie a struttura aperta” (48).

Questa circolarità fra norma e principi costituzionali, leggi ordinarie e interpretazione (49) costituisce quel diritto vivente che deve contribuire a cogliere i nuovi bisogni e interessi che emergono dalla realtà sociale.

  • d) La gravità dell’offesa.

Secondo l’orientamento della Corte il danno non patrimoniale è risarcibile quando è ingiusto e quando è conseguenza di un’offesa grave. Questo ulteriore requisito deve essere esaminato con attenzione.

Anche qui non risulta facilmente giustificabile la rilevanza di un offesa minima al patrimonio e la irrilevanza della stessa offesa ad un interesse personale.

D’altra parte non convince l’idea che non vi sia ingiustizia del danno in mancanza di una gravità dell’azione, perché l’ingiustizia attiene alla valutazione degli interessi e non dell’atto dannoso (50).

Più accettabile è una ricostruzione diversa che richiede oltre all’ingiustizia l’accertamento concreto di una conseguenza risarcibile ai sensi dell’art. 1223.

In tal caso il riferimento alla concretezza del fatto ha un senso perché ” la convivenza fra le persone chiama in causa il dovere di solidariètà…che impone anche il dovere di tollerare fatti o comportamenti altrui” e impone all’interprete di bilanciare contrapposte pretese sino a negare il pregiudizio in certi casi (51).

Questo bilanciamento attiene alle conseguenze e non alla natura dell’interesse leso e si capisce come in determinate ipotesi” il diritto debba essere inciso oltre una soglia minima, cagionando un pregiudizio serio” . Si comprende insomma come “la lesione debba eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza”.

 

NOTE:

(1) Cass. 31 maggio 2003, n. 8827 e 8828 in Foro it., 2003, I, 2272, con nota di E.Navarretta, in Danno e resp., 2003,816, con nota di F.Busnelli, G.Ponzanelli, A.Procida – Mirabelli, e in Corr.giur., 2003,675, con nota di P.Cendon, E.Bargelli, P. Ziviz. V. altesì E. Navarretta, (a cura di), I danni non patrimoniali. Lineamenti sistematici e guida alla liquidazione, Milano, 2004; G.Ponzanelli, (a cura di ), Critica del danno esistenziale, Padova, 2003; G. Ponzanelli ( acura di), Il “nuovo” danno non patrimoniale, Padova, 2004.

(2) Corte cost., 11 luglio 2003, n .233, in Foro it., 2003, I, 2201 con nota di E. Navarretta.

(3) Cass. 7 giugno 2000, n. 7713 in Foro it., 2001, 187; Cass., 3 luglio 2001 n. 9009 in Lavoro e prev. Oggi, 2001, 1396; Cass. 30 marzo 2005 n. 6732 in Corr. Giur., 2005, 1707; Cass. 12 giugno 2006., n. 13546 in Danno e resp., 2006, 843; Cass. 2 febbraio 2007 n. 2311, in Foro it., 2007, I, 747 e Cass., sez. un., 24 marzo 2006, n. 6572, in Foro it., 2006, I, 1344.

(4) Cass. 12 luglio 2006, n. 15760, in Corr. Giur., 2006, 1375; Cass. 9 settembre 2006, n. 23918, in Foro it., 2007, I, 71; Cass. 20 aprile 2007, n. 9510, in Nuova giur. civ., 2007, I, 1350; Cass. 20 aprile 2007, n. 9514 in Danno e resp., 2007, n. 1028; Cass. 27 giugno 2007 n. 14846, in Resp. civ., 2007, 2270.

(5) V. P. Rossi, Speranze, Bologna, Il Mulino, 2008, p. 20 ove si ricorda questa bella frase di J. Améry, Intellettuale a Auschwitz, Torino, Bollati Boringhieri, 1987, p. 20.

(6) v art 2 l. n.117/1998; comma 9 l. n. 675/1996; art. 44 comma 7, d.lgs. n. 286/1998; art.2 l. n. 89/2001.

(7) Così espressamente Cass. sez. un.11 novembre 2008 n. 26972.

(8) La semplificazione elimina alcune incertezze del passato e contiene alcune sorprese. Il danno non patrimoniale non può essere identificato come danno morale soggettivo caratterizzato da sofferenza cagionata da un reato che è solo una delle possibili manifestazioni della figura generale, ma la presenza di una fattispecie criminosa assume un rilievo specifico. In tal caso sarà risarcibile, ci dice la Corte, non solo la lesione di un diritto costituzionalmente inviolabile ma anche “quello conseguente alla lesione di interessi inerenti alla persona non presidiati da siffatti diritti, ma meritevoli di tutela in base all’ordinamento giuridico” e la ragione di questa diversità è prontamente spiegata. Ciò avviene perchè in tal caso “la tipicità non è determinata soltanto dal rango dell’interesse protetto, ma in ragione della scelta del legislatore di dire risarcibili i danni non patrimoniali cagionati da reato. Scelta che comunque implica la considerazione della rilevanza dell’interesse leso, desumibile dalla tutela penale.

(9) Le prime pronunzie di legittimità operavano un collegamento fra l’art. 2043 e la normativa costituzionale sia nelle ipotesi di diritti di famiglia (Cass. n. 7713 del 2000), sia nell’ipotesi del danno, riconosciuto agli eredi, per la sofferenza psichica della vittima della lesione alla quale segue in poco tempo la morte (danno tanatologico). Escluso in tal caso il danno biologico per la perdita della vita, si ammette il danno per la “perdita della salute solo se il soggetto fosse rimasto in vita per un tempo apprezzabile ed a questo lo commisura”. D’altra parte nelle sentenze in tema di danno da irragionevole durata del processo si era negata una autonoma voce di danno esistenziale, mentre nel rapporto di lavoro le sentenze operavano un riconoscimento per danni conseguenti alla lesione di diritti fondamentali del lavoratori (Cass. 8 agosto 2002, n.15449, in Giur.it, 2002, 2039 con nota di Didone).

(10) Corte Cost. 6 luglio 2004, n.206, Foro it., 2007, 5, 1365 con nota di Ruggieri.

(11) G.Vettori, Il danno non patrimoniale fra illecito e contratto, in Riv. dir. priv., 2007, 2, p. 5 ss (dell’estratto) ed altresì: G. Bonilini, Il danno non patrimoniale, in Il contratto e le tutele: prospettive di diritto europeo, a cura di S.Mazzamuto, Torino, 2002, p. 224 ss; M.Costanza, Danno non patrimoniale e responsabilità contrattuale, in Riv.critica dir.priv., 1987, p.127 ss.Gazzarra, Il danno non patrimoniale da inadempimento, Napoli, 2003, p.41. E da ultimo G.Passagnoli, Intervento al Seminario dal titolo La concezione del danno non patrimoniale alla luce dei più recenti indirizzi giurisprudenziali, svolta a Firenze il 9 dicembre 2008.

(12) Così: Cass. 8 maggio 2006, n. 10490, in Rass. dir. civ., 2008, 2, 564 con nota di Rossi.

(13) Cass. n. 11503 del 2003, in Foro on line, Zanichelli, 2008 e Cass. n. 5881 del 2001.

(14) Cass. 10 maggio 2002, n. 6735, in Foro it., 2002, I, 3115, Cass. 29 luglio 2004, n. 14488, in Resp. civ. e prev., 2004, 1348 e Cass. 20 ottobre 2005, n. 20320, in Giur. it.., 2007, 3, 628.

(15) Cass. n. 6735 del 2002, cit.

(16) Cass. n. 6735 del 2002, cit.

(17) Cass. 31 marzo 2007, n. 8067, in Foro it., 2007, 12, 3468.

(18) Cass. 30 ottobre 2001, n. 13533, in Corr. giur., 2001, 1565.

(19) Cass. 25 febbario 1997, n. 1704, inGiust. civ., 1997,I,2841.

(20) Cass. 30 giugno 1998, n. 6404, in Giust. civ. Mass., 1998,1417.

(21) Così M. Franzoni, Il danno non patrimoniale del diritto vivente, in corso di pubblicazione.

(22) Cass. n. 8827 e 8828 del 2003, cit.

(23) In senso contrario Cass. 15 gennaio 1986, n. 184, in Giust. civ., 1986,I,2209 superata poi da Cass. n. 372 del 1994.

(24) Cass. 6 luglio 2002, n. 9834, in Giust. civ. Mass., 2002, 1174.

(25) “Per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente dell’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di valutazione medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito”.

(26) Così P.Perlingieri, Introduzione al Seminariodal titolo “La concezione del danno non patrimoniale alla luce dei più recenti indirizzi giurisprudenziali”, cit.

(27) R.Caponi, Ciò che non riesace a fare la legge,lo fa il giudice,se capace, Intervento al Seminario fiorentino del 9 dicembre 2008, cit.

(28) G.Conte, Intervento al Seminario fiorentino del 9 dicembre 2008, cit.

(29) v. P.Lucarelli, Intervento al Seminario fiorentino del 9 dicembre 2008, cit.

(30) S.Rodotà, Dal soggetto alla persona, Napoli, Editoriale scientifica, 2007, p. 10

(31) Y.Thomas, Le sujet de droit, le personne et la nature.Sur la critique contemporaine du sujet de droit, in Le Debat, n.100, 1998 p. 85 ss e G.Oppo, Declino del soggetto e ascesa della persona, in Riv.dir.civ., 2000,I,p.829.

(32) S.Rodotà., op.cit., p. 12.

(33) S.Rodotà, op.cit., p. 16.

(34) Di grande interesse v. ora N.Irti, Il diritto nell’età della tecnica, Napoli, Editoriale scientifica, 2007;A. Schiavone, Storia e destino, Torino, 2007 e P. Rossi, Speranze, Bologna, 2008.

(35) V. la prima sezione del BGB , dopo la modifica del 2002 che contiene nel Titoli I il riferimento alle ” Persone fisiche, consumatori e imprenditori”. Qui l’ampliamento avviene sul solo profilo dell’homo economicus , ma nel nuovo art.16 del code civil francese appare ,come riflesso delle leggi del 1994 sulla bioetica, una indicazione alla legge che “assicura il primato della persona, vieta ogni attentato alla sua dignità e garantisce il rispetto dell’essere umano fin dall’inizio della vita”. Nell’inciso successivo (16.1) si afferma il diritto al rispetto del proprio corpo e alla sua inviolabilità e il divieto di fare del corpo l’oggetto di un diritto patrimoniale.

(36) S. Rodotà, op. cit., p 21 e il richiamo di M.C. Nussbaum, Giustizia sociale e dignità umana. Da individui a persone, trad. it. di E. Greblo, Bologna, il Mulino, 2002; H. Arendt, Vita activa (1958), trad.it. di S.Finzi, Milano, Bompiani, 2004.

(37) S. Rodotà, op.cit., p.28

(38) S. Rodotà, op.cit., p.30.

(39) S. Rodotà, op.cit., p. 33

(40) S. Rodotà, op.cit., p. 34.

(41) S. Rodotà, op.cit., p. 36-37.

(42) S. Rodotà, op. cit., p. 39.

(43) S.Rodotà, op. cit., p 42-46.

(44) Sulla difficoltà di trarre dalla Carta costituzionale una tavola dei valori con cui operare il bilanciamento: I:Pagni, Intervento al Seminario fiorentino del 9 dicembre 2008, cit. ed ivi anche gli interventi di R. Del Punta, G.Collura,V. Putortì, S. Landini.

(45) G. Comandè, Il danno alla persona e la Corte Costituzionale: tra diritti fondamentali, quantificazione e (dis)parità di trattamento, cit. p.154-155; G. Silvestri, La tutela dei diritti fondamentali nel processo civile, in Pol.dir., 1993,479.

(46) G. Vettori, Il danno non patrimoniale fra illecito e contratto, in Riv.dir.civ., 2007,2,p. 14 (dell’estratto); Id., Remedies in contract, the Common Rules for a European Law, Padova, 2008

(47) G. Comandè, op. cit., p.154.

(48) G. Comandè, op.cit., p. 155. e il richiamo a M.R. Morelli, Materiali per una riflessione sull’applicazione diretta delle norme costituzionali da parte dei giudici, in Giust. civ., 1999, p. 3.

(49) P.Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 2006; E. Navarretta, Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Torino,1996; U. Natoli, Diritti fondamentali e categorie generali, Milano 1993.

(50) M.Franzoni, op. cit.

(51) M.Franzoni, op. cit.

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