ISSN 2239-8570

Mutamento della domanda di adempimento e risarcimento del danno, di Antonio Gorgoni

La Cassazione, con l’ord. n. 19148/2013, ha rimesso gli atti al Primo Presidente, il quale valuterà se rimettere alle Sezioni Unite una questione di grande rilevanza pratica. L’art. 1453, comma 2, c.c. non chiarisce se unitamente al mutamento della domanda di adempimento in domanda di risoluzione possa chiedersi anche il risarcimento del danno.

Nel caso di specie, una società specializzata in escavazione concludeva con atto di citazione per la condanna della società convenuta all’esecuzione del contratto e, precisamente, ad acquistare tutti i terreni nell’area interessata. In sede di precisazione delle conclusioni, tuttavia, l’attrice mutava la domanda, chiedendo oltre alla declaratoria di risoluzione del contratto, anche la condanna al risarcimento del danno.   

Sul problema giuridico posto in luce, si riscontrano nella giurisprudenza di legittimità due orientamenti. Secondo quello prevalente, la deroga prevista dall’art. 1453, comma 2, c.c. alla norma processuale che vieta la mutatio libelli nel corso del processo (artt. 183 e 345 c.p.c.) non riguarda anche la domanda di risarcimento del danno non formulata originariamente. Il petitum di quest’ultima – si sostiene – è del tutto diverso da quello delle domande di adempimento e di risoluzione (Cass., n. 870/2012).

Secondo un altro orientamento, condiviso dall’ordinanza che si segnala, la deroga al divieto di domande nuove di cui all’art. 1453, comma 2 c.c., «si estende anche alla conseguente domanda di risarcimento del danno, nonché a quella di restituzione del prezzo, essendo tali domande accessorie alla domanda sia di risoluzione che di adempimento» (Cass., n. 26325/2008). Ciò sempreché l’attore rimanga nell’ambito dei medesimi fatti posti a fondamento dell’inadempienza originaria, senza introdurre un nuovo tema di indagine (Cass., n. 13003/2010).

A sostegno di questo secondo orientamento, l’ordinanza di rimessione argomenta: 1) dalla ratio dell’art. 1453, comma 2, c.c., che tutela il contraente non inadempiente; 2) dal principio della ragionevole durata del processo (stando all’orientamento prevalente, si dovrebbe intraprendere un altro giudizio per ottenere il risarcimento del danno «che pure trova la sua causa petendi nell’inadempimento»); 3) dall’art. 1453, comma 1, c.c. secondo cui il risarcimento del danno può essere chiesto «in ogni caso», perciò anche nell’ipotesi prevista dal secondo comma dello stesso articolo e pure in appello. 

Cass. ord., 9.8.2013, n. 19148 

 

  

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