ISSN 2239-8570

Rifiuto dell’esame ematologico e dichiarazione di paternità, di Antonio Gorgoni

Cass., 29 ottobre 2013, n. 24361
(Rel. C. Piccininni)

La Cassazione è chiamata a occuparsi, nuovamente, delle conseguenze del rifiuto da parte del convenuto di sottoporsi all’esame ematologico, a fronte della domanda volta a ottenere la dichiarazione giudiziale della paternità.
Il problema nasce, com’è noto, dall’impossibilità di eseguire un prelievo forzoso di sangue al fine di eseguire le prove di laboratorio.
La Cassazione, con la sentenza n. 24361/2013 e in conformità alla giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto che:
– il giudice d’appello, nel caso di specie, ha motivato adeguatamente l’esistenza del rapporto di filiazione basandosi: a) sul rifiuto del supposto padre di sottoporsi alla prova ematologia; b) sull’affermazione, resa sempre dal preteso padre, di aver avuto, all’epoca del concepimento, una frequentazione amorosa con la donna che ha partorito;
– non vi è alcuna gerarchia tra i mezzi di prova della filiazione, pertanto, non è necessario dar corso preliminarmente all’istruttoria orale, potendosi esperire subito la prova ematologica (si veda in tal senso anche Corte Cost. n. 266/2006 riguardo al disconoscimento della paternità).
Va rilevato come il giudice del merito, al fine di maturare il convincimento della paternità, si sia basato non soltanto sul rifiuto di sottoporsi alla prova genetica, ma anche sull’ammissione da parte del presunto padre della relazione con la donna. Quest’ultima circostanza rende, evidentemente, ingiustificato il rifiuto di sottoporsi all’esame del DNA (si veda anche Cass., n. 12971/2012). Da qui la soccombenza processuale e la dichiarazione dello status di figlio nato fuori del matrimonio.

Cass., 29 ottobre 2013, n. 24361

Pubblicato in Famiglia e successioni

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