ISSN 2239-8570

L’amministrazione di sostegno in luogo del testamento biologico, di Antonio Gorgoni

Trib. Modena, decreto 5 novembre

Di Antonio Gorgoni, Ricercatore di diritto privato 

SOMMARIO: 1. Il caso. – 2. Gli argomenti del Tribunale di Modena: atto di designazione e direttive anticipate di trattamento.

1. Il caso.

  Il Tribunale di Modena, con l’interessante decreto in commento (1), coniuga i principi enunciati della Cassazione nella sentenza n. 21748/2007 con l’istituto dell’amministrazione di sostegno, aprendo una via al testamento biologico pur in assenza di una specifica legge. Esponiamo innanzitutto il caso.  Un signore, capace di intendere e di volere, sposato e padre di una figlia, con scrittura privata autenticata designava come amministratore di sostegno, ai sensi dell’art. 408 co. 1 c.c., la moglie e, qualora questa fosse stata impossibilitata ad assumere l’ufficio, la figlia.  L’atto compiuto “in previsione della propria eventuale futura incapacità” conteneva, oltre la designazione, anche l’indicazione dei poteri, suggeriti al giudice tutelare, da attribuire all’amministratore nel decreto di nomina. Segnatamente: il potere di negare, nel nome e per conto del beneficiario, il consenso ai trattamenti medici che ottengono solo il risultato di protrarre la vita in stato d’incoscienza.  Nell’atto di designazione, infatti, si manifestava il rifiuto delle tecniche mediche (macchine o sistemi artificiali) che consentono, in presenza di certe malattie o di lesioni traumatiche irreversibili e invalidanti,  di sopravvivere senza poter svolgere una normale vita di relazione. Si esplicitava, inoltre, la volontà di ricevere “tutti i provvedimenti atti ad alleviare le…sofferenze, compreso in particolare l’uso di oppiacei, anche se essi dovessero anticipare la fine della… vita” (2).  In sostanza il protagonista della vicenda in esame, preoccupato di non poter decidere sui trattamenti medici praticabili a seguito di eventi traumatici e improvvisi, manifestava anticipatamente il proprio volere respingendoli.  Siamo sul terreno del testamento biologico (o dichiarazione anticipata di trattamento), atto non ancora regolato nel nostro ordinamento la cui finalità è colmare lo iato nel rapporto tra medico e paziente che si determina a causa della sopravvenuta incapacità dell’individuo (3).  Nonostante la mancanza di una legge, vi sono alcune norme che consentono, già oggi, di redigere un testamento biologico, realizzando così la libertà di disporre del proprio corpo anche nella situazione di sopravvenuta incoscienza. Occorre sottolineare, tuttavia, che il procedimento volto a conseguire questo risultato, accolto dal Tribunale di Modena, non esclude la necessità di predisporre una legge. Difatti l’iter che esamineremo – atto di designazione e nomina di un  amministratore di sostegno – non è, in prospettiva de iure condendo, essenziale per esprimere una volontà vincolante sulla fine della vita.  L’interessato, nel caso di specie, non si limita a formalizzare il rifiuto di ricevere alcuni trattamenti medici ma, per essere certo di vedere rispettata la propria volontà, chiede, mancando una legge specifica, la nomina dell’amministratore di sostegno cui attribuire un determinato potere. Quello rappresentativo di negare, qualora sopraggiunga lo stato fisico descritto nell’atto designazione, il consenso a certi trattamenti: rianimazione cardiopolmonare, dialisi, trasfusioni di sangue, terapie antibiotiche, ventilazione, idratazione e alimentazione forzata artificiali.       

2. Gli argomenti del Tribunale di Modena: atto di designazione e direttive anticipate di trattamento.

  L’art. 408 co. 1 c.c. stabilisce che “l’amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata”. La norma consente a chi è capace di intendere e di volere di scegliere, in previsione di un fatto invalidante, la persona reputata più idonea a prestare assistenza e a curare interessi patrimoniali.   La designazione, com’è noto, non istituisce l’amministrazione di sostegno, istituto dativo che promana dal decreto del giudice tutelare (art. 405 c.c.). La scelta dell’interessato tuttavia non è irrilevante, ma vincola il giudice salvo che ricorrano “gravi motivi” legittimanti la nomina, con decreto motivato, di un soggetto diverso da quello designato.     Sebbene la norma disciplini solo la scelta dell’amministratore, è possibile indicare nello stesso atto di designazione altri profili rilevanti quali la durata dell’incarico e i poteri di assistenza e/o di rappresentanza (c.d. contenuto facoltativo). Il giudice, tuttavia, non è obbligato a recepire nel decreto di nomina il contenuto facoltativo dell’atto di designazione; tale contenuto potrà essere tenuto  in considerazione se, al momento della nomina, appaia idoneo ad assicurare adeguata protezione al beneficiario (4).  Ora se l’atto di designazione può contenere disposizioni attinenti a profili patrimoniali dell’amministrazione di sostegno, non vi sono difficoltà ad ammettere che esso possa esprimere anche le scelte dell’interessato sui trattamenti medici che questi desideri o rifiuti di ricevere qualora se ne ravvisi la necessità. D’altra parte, si afferma nel decreto in commento, esiste il diritto costituzionale di autodeterminarsi in ordine al modo in cui si intende affrontare il percorso biologico naturale della malattia o dell’evento traumatico che colpisce la persona (artt. 2, 13 e 32 Cost.) (5).    Siamo sul piano, come ha cura di sottolineare il tribunale, del rifiuto delle cure e dei trattamenti medici non dell’eutanasia. Il primo esprime la scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale. Il medico, quindi, se su indicazione del paziente non pratica o interrompe l’alimentazione e la respirazione forzata non anticipa con un suo atto il momento della morte, come accade con l’eutanasia (6), ma si astiene doverosamente da una pratica che il malato con vuole (7). Doverosamente perché l’obbligo di cura si fonda sul consenso, in assenza del quale, non sorgendo alcun obbligo a carico del medico, questi non è, pertanto, responsabile della morte per omessa cura (art. 40 co. 2 c.p.).   Nel decreto in parola, il giudice sottolinea come il diritto di autodeterminarsi regoli, ove esercitato, i tre casi seguenti: 1) persona capace, affetta da una grave patologia, che rifiuti o chieda di interrompere un trattamento salvifico (8); 2) persona in stato vegetativo permanente, dichiarata incapace, la quale non abbia lasciato disposizioni scritte sulle cure mediche ma, nonostante ciò, il giudice si convinca, sulla base di elementi probatori chiari, univoci e convincenti, che la paziente era assolutamente contraria a permanere nella condizione irreversibile di incoscienza (9); 3) persona capace di intendere e di volere, in perfetta salute, che lasci disposizioni scritte con le quali rifiuti qualsiasi trattamento volto a mantenere in vita in stato irreversibile di incoscienza.  Residua qualche dubbio su quest’ultima ipotesi: lo stesso giudice tutelare si chiede, infatti, se vi possano essere ostacoli all’utilizzo dell’amministrazione di sostegno per realizzare le direttive anticipate contenute nell’atto di designazione. Nella fattispecie in esame, il giudice nomina fin da subito l’amministratore indicato dall’interessato attribuendogli il potere di negare il consenso alle pratiche salvavita. Ma si potrebbe obiettare che, stante la mancanza del presupposto dell’infermità o della menomazione, non si giustifichi l’operatività dell’istituto dell’amministrazione di sostegno. Difetterebbe l’attualità della condizione sottesa alla misura protettiva.  La replica, nel decreto in commento, è condotta sotto il profilo dell’effettività del diritto di autodeterminazione. Se non si procede alla nomina dell’amministratore attribuendogli il potere di rifiutare il trattamento, si avrà una violazione del corpo dell’interessato, in quanto al verificarsi della patologia (ad es: ictus, infarto) il mandatario indicato nell’atto di designazione non potrà “ottenere in tempo reale il decreto di nomina dell’amministratore”. Nel frattempo il medico praticherà le terapie non volute dal paziente.  Si trae inoltre argomento dal combinato disposto degli artt. 404 e 406 co. 1 c.c. La prima norma suggerirebbe all’interprete, secondo il Tribunale, che l’attualità dello stato di incapacità del beneficiario vale “come presupposto per la produzione degli effetti dello strumento protettivo ma non anche come requisito per la sua istituzione”. La seconda lascerebbe intendere che il ricorso può essere presentato anche da un soggetto con piena capacità d’agire se – come si legge nella norma – “anche” il minore, l’interdetto e l’inabilitato sono legittimati attivi. In conclusione chi è pienamente capace “può legittimamente lasciare disposizioni relative ai trattamenti sanitari, da praticare sul suo corpo, per l’ipotesi di [sopravvenuta] incapacità”.   Sebbene queste ultime considerazioni non siano del tutto persuasive, il decreto del Tribunale modenese è ugualmente condivisibile perché non forza principi e norme ma individua una soluzione conforme al diritto vigente e funzionale a realizzare una volontà che ha radici nelle profonde convinzioni sul significato della vita umana. D’altra parte l’atto di designazione in previsione dell’eventuale futura incapacità diventa davvero significativo ove riporti non solo la scelta dell’amministratore ma anche le decisioni sui trattamenti medici. Le quali, per essere attuate efficacemente, richiedono un amministratore che abbia già assunto il suo ufficio (10) quando si pone la necessità di praticare un certo trattamento o di interromperlo se iniziato dal medico ignorando la volontà contraria già espressa dal paziente.  La perdita di coscienza non può comportare la privazione di diritti fondamentali, pena la violazione del principio di uguaglianza. Ora l’amministrazione di sostegno, proteggendo soprattutto la sfera personale dell’individuo, può essere utilizzato anche nel caso in esame.          Proprio per garantire al meglio il rispetto delle scelte del beneficiario formalizzate nell’atto di designazione, il giudice tutelare nomina, come previsto nell’atto stesso, due amministratori (11): la moglie e la figlia dell’interessato, sebbene quest’ultima eserciterà l’ufficio solo se, verificatosi l’evento invalidante, la moglie (prima designata) non sia in grado di ottemperare ai suoi compiti, perché, ad esempio, defunta. Abbiamo, quindi, due amministratori di sostegno, i cui poteri sono sospensivamente condizionati al verificarsi di uno degli eventi descritti dal beneficiario. All’avverarsi della condizione il secondo designato (il sostituto) eserciterà i poteri attribuitigli dal decreto solo se il primo designato (il sostituito) non potrà assumere l’ufficio.    Naturalmente, precisa perspicuamente il giudice tutelare, i poteri attribuiti all’amministratore dovranno essere esercitati solo se il beneficiario non abbia, in qualsiasi forma, modificato la propria volontà rispetto a quella formalizzata nell’atto di designazione.  Le direttive anticipate, si può osservare, sebbene non siano state ancora disciplinate dalla legge, sono rilevanti per il medico. Le norme sopra citate impongono di considerare attentamente la volontà, espressa in un atto pubblico o in una scrittura privata autenticata, contraria ai trattamenti salvavita.  Si può forse dire di più: il medico è vincolato al rispetto delle dichiarazioni di volontà anticipate, pur in assenza di una legge, salvo che esse non corrispondano a quanto l’interessato aveva previsto al momento della loro redazione perché, nel frattempo, sono mutate le conoscenze scientifiche e terapeutiche. Tuttavia è auspicabile un intervento del legislatore che chiarisca le modalità per realizzare il diritto  di scegliere una vita dignitosa (12)

Note(1) Trib. Modena, decreto 5 novembre 2008.

(2) Il Tribunale di Modena non ha attribuito all’amministratore il potere di dare il consenso, nel nome e per conto del beneficiario, a ricevere farmaci contro la sofferenza anche se questi dovessero anticipare la fine dell’esistenza perché tale consenso “demanderebbe implicitamente alla discrezionalità degli operatori l’illecito potere di forzare la naturale evoluzione del percorso biologico”. In sostanza il medico realizzerebbe un atto eutanasico, pratica, come vedremo, vietata.

(3) Il Comitato Nazionale di bioetica ha affermato, nel documento del 18/12/2003, intitolato “Dichiarazioni anticipate di trattamento”, che queste ultime sono contenute in un “documento con il quale una persona, dotata di piena capacità, esprime la sua volontà circa i trattamenti ai quali desidera o non desidera essere sottoposto nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse in grado di esprimere il proprio dissenso o il proprio consenso informato”.

(4) G. SANTARCANGELO, Ricorso per la nomina dell’amministrazione di sostegno, in Notariato, 2005, 4, p. 385 ss. G. BONILINI, L’amministrazione di sostegno, Padova, 2007, p. 120 ss.

(5) Cass., 16 ottobre 2007, n. 21748, in questo sito, Osservatorio-Persona e famiglia; in Guida al dir., 2007, 3, p. 29 ss.; in Fam. pers. e succ., 2008, 6, p. 508 ss., con nota di A. GORGONI, La rilevanza giuridica della volontà sulla fine della vita non formalizzata nel testamento biologico; Trib. Modena, decr. 13 maggio 2008, in questo sito con mia nota e in Fam. e dir., 2008, 10, p. 923 ss., con nota di G. FERRANDO, Diritto di rifiutare le cure, amministrazione di sostegno e direttive anticipate. L’art. 32 co. 1 Cost. stabilisce che la salute è un diritto fondamentale dell’individuo, non un dovere. Dal co. 2 emerge la preoccupazione di salvaguardare il corpo della persona da interferenze esterne provenienti finanche dal legislatore. Quest’ultimo, infatti, può sì stabilire casi di trattamento sanitario obbligatorio (TSO) senza però “violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Secondo la FERRANDO, cit. p. 926, “il rispetto della dignità della persona non consente di imporre [un TSO] esclusivamente a tutela della salute individuale”. Il principio di autedeterminazione del paziente è senz’altro riconducibile all’art. 32 Cost., ma anche all’art. 13 Cost. perché “la libertà personale” implica necessariamente il potere di autodeterminarsi in relazione ad aspetti attinenti alla propria esistenza.Il principio del consenso informato è codificato anche a livello internazionale nella Convenzione europea di bioetica, sottoscritta a Oviedo nel 1997 e ratificata dall’Italia con l. n. 145/2001, e nella Carta dei diritti fondamentali dei cittadini dell’Unione Europea, ora parte del Trattato dell’Unione europea firmato a Lisbona, nonché in alcune leggi speciali (art. 33 l. n. 833/1978 istitutiva del servizio sanitario nazionale; d lgs. n. 211/2003 in tema di sperimentazione clinica; l. n. 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistitita; l. n. 219/2005 sulle attività trasfusionali e la produzione nazionale di emoderivati). 

(6) L’eutanasia consiste in un comportamento che intende abbreviare la vita causando positivamente la morte. Il medico, con una propria azione positiva, interrompe il nesso causale tra malattia e morte cagionando il decesso anticipato del paziente (c.d. eutanasia pietosa attiva). Questa condotta, caratterizzata dal movente altruistico della compassione per le sofferenze altrui, integra, se c’è il consenso della vittima, il reato di omicidio del consenziente (art. 579 c.p.).

(7) La manifestazione del consenso è il presupposto di liceità dell’intervento da parte del medico: Cass. pen., 21 aprile 1992, in Dir. fam. e pers., 1993, p. 411 ss.; Cass. pen., 11 luglio 2001, n. 1572, in Riv. it. med. leg., 2003, p. 2041 ss.; Cass. pen., 4 luglio 2005, n. 38852, in Guida al dir., 2005, 47, p. 67 ss.

(8) Si pensi alla vicenda di Welby persona capace di intendere e di volere la quale chiedeva l’interruzione dei trattamenti di respirazione e di alimentazione artificiale.

(9) Vi rientra il caso Englaro in cui, dopo una lunga vicenda processuale, il giudice del reclamo ha autorizzato il tutore a ordinare al medico, nel nome e per conto dell’interessata, di procedere all’interruzione del trattamento di sostegno vitale realizzato mediante alimentazione e idratazione con sondino naso-gastrico (App. Milano, decr. 9 luglio 2008, in Fam. e dir., 2008, 10, p.  903 ss., con nota di R. PACIA, Sull’interruzione delle cure del malato in stato vegetativo permanente).

(10) L’amministratore di sostegno assume l’ufficio dopo aver prestato giuramento di esercitarlo con fedeltà e diligenza (cfr. l’art. 411 co. 1 c.c. che richiama l’art. 349 c.c.).

(11) La dottrina non ha frapposto ostacoli all’ammissibilità della sostituzione dell’amministratore designato, anzi ne ha evidenziato l’utilità consistente nel consentire al beneficiario di realizzare al meglio la volontà di scegliersi il proprio amministratore (cfr. G. BONILINI, L’amministrazione di sostegno, cit., p. 111 ss.).

(12)  Cfr. disegno di legge n. 687/2006 (d’iniziativa dei Senatori Marino, Finocchiaro, e altri) contenente “Diposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari al fine di evitare l’accanimento terapeutico”.

 

Pubblicato in Famiglia e successioni, Persona e diritti

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