ISSN 2239-8570

Recensione al volume “Remedies in Contract. The Common Rules for an European Law” a cura di Giuseppe Vettori, Cedam, Padova, 2008 (di Mario Mauro)

   Il volume si presenta sotto la forma di una raccolta e riunisce gli interventi discussi nel corso di un convegno del marzo 2007 dedicato all’omonimo tema del libro, “Remedies in Contract. The Common Rules for an European Law”.   La preferenza per un titolo in lingua inglese provoca immediatamente l’interrogativo sulle ragioni della scelta. Nella prefazione il curatore del testo, il Prof. Giuseppe Vettori, elimina ogni dubbio descrivendo l’obiettivo che il volume si pone e il trait d’union che lega saggi su argomenti tanto differenti tra loro.Remedies. Tale termine, nella sua versione italiana, è caratterizzato da contorni poco chiari e definiti; pertanto, essendo nato in seno alla tradizione del diritto anglosassone, si è preferito conservare  l’idioma originario, lasciando lo spazio a chi è intervenuto di proporre la propria specificazione. L’occhiello altro non è che una specificazione del titolo. Rule. Nella tradizione common law, indica non tanto la norma quanto piuttosto la regola giurisprudenziale ed il principio di diritto. Emerge subito un’indicazione e una dichiarazione di intenti: l’analisi e l’utilizzo del metodo rimediale quale strumento per la rilettura di determinate figure, alla luce degli interventi sia dell’Ordinamento Comunitario sia delle esperienze giuridiche degli Stati che di esso fanno parte.     Chiarito l’interrogativo, la generica domanda iniziale assume connotati più specifici: si rendono obbligate alcune indicazioni volte a precisare la nozione di rimedio e la realtà giuridica in cui si inserisce.   Sotto il primo profilo, i saggi di Giuseppe Vettori e Salvatore Mazzamuto svolgono una funzione introduttiva all’intero testo. Il termine rimedio, derivante dal latino remedium, nella sua originaria accezione ha un significato legato alla cura e alla medicina. Diversamente, in common law, fin dai suoi primi utilizzi questo rientra anche nella realtà tecnico-giuridica come strumento per porre riparo ad una situazione di bisogno o di crisi, determinata in un tort. Rimandando al saggio del Prof. Mazzamuto per approfondimenti riguardanti l’evoluzione storica a cui tale espressione è stata sottoposta, la figura si caratterizza per la ricerca della soluzione più efficiente che ripari ad un determinato danno. Il rapporto tra prospettiva rimediale e sistemi di civil law assume una valenza problematica nel momento in cui si ritiene che sia ancora dominante la logica della fattispecie. Tuttavia, a prescindere dal blasonato argomento della sempre più incisiva rilevanza che ha la giurisprudenza nel nostro ordinamento ed il ruolo svolto dalle direttive e dai regolamenti comunitari, ci sono altri elementi per cui la teoria del rimedio non si esaurisce ad una mera contrapposizione tra due sistemi giuridici; bensì, si propone quale metodo idoneo in cui far convivere le diversità dei singoli paesi membri della Comunità Europea.   Passando al secondo profilo, il saggio del Prof. Vettori illustra in termini molto dettagliati come l’appellativo che definisce il sistema odierno delle fonti sia complessità: queste “si articolano in un ordine diverso rueste queispetto al passato ed assumono sempre più rilievo la Costituzione, la normativa comunitaria, la giurisprudenza della Corte di Giustizia, le pronunzie delle Autorità e della Corte Costituzionale che ricorrono spesso al canone della ragionevolezza e del diritto vivente nel controllo delle leggi”. Ma non solo. Il fenomeno della dilatazione dei mercati ha portato con sé l’esigenza di creare discipline di settore, quali ad esempio i contratti tra imprese e i contratti dei consumatori. Le peculiari esigenze che tali operatori commerciali si portano dietro richiedono il riconoscimento di una rilevanza giuridica separata dalla disciplina generale, la quale non sarebbe in grado di garantire a queste una tutela piena. Ne deriva che una risposta uniforme a specifici bisogni, attraverso lo strumento delle direttive e dei regolamenti, comporta anche conseguenze comuni, che coinvolgono tutti i paesi: deperisce il ruolo e l’utilità delle tradizionali categorie e cresce il rilievo delle discipline speciali. Portando il ragionamento alle sue conclusioni, affiora l’esigenza di un ripensamento del rapporto tra normativa generale e di settore, senza giungere a soluzioni estreme per cui la settorializzazione esprime la definitiva scomparsa della disciplina generale o una nuova centralità del codice civile. Piuttosto, sottolinea il Prof. Vettori, bisogna optare per una soluzione mediana “affiancando alle regole di settore rimedi generali di provenienza legislativa o elaborate dalla giurisprudenza teorica e pratica”.   Mettendo in relazione i due aspetti appena visti, si può giungere alla parziale conclusione che la funzione generale di trasmettere una coerenza ed un ordine sistematico alla complessità deve essere affidata ad una nuova logica.   Interpretato in questa aspirazione, il libro suggerisce tre possibili percorsi di lettura: in ordine logico, la nozione di rimedio; la logica rimediale in relazione al rapporto tra ordinamento interno e comunitario; la creazione di possibili rimedi. Senza entrare nel dettaglio di ogni singolo argomento affrontato, si cercherà di specificare le linee guida comuni che sono state seguite.   Per quanto riguarda il primo percorso, il rimedio non si sostituisce ad un diritto oppure ad un obbligo; ma si distingue per due elementi: la centralità di un interesse protetto individuato da una norma e l’esigenza di offrire a questo la tutela più efficiente.    In particolare, sullo stretto collegamento con la nozione di interesse si interroga il saggio della Prof.ssa Navarretta. Il dato da cui muovere è il seguente: può accadere che gli stessi interessi siano protetti da rimedi differenti; mentre interessi distinti sono accomunati da rimedi medesimi. Se è vero che tra questi non esiste una relazione esclusiva per cui ad ogni interesse corrisponde un unico rimedio, bisogna concretamente distinguere quando l’eventualità su richiamata costituisca un’anomalia (che richiede un riordino sistematico), oppure una forma di flessibilità funzionale del sistema. Sebbene un rapporto duttile sia encomiabile (poiché la previsione di un unico rimedio per una molteplicità di interessi può stimolare l’aggregazione e, parimenti, la varietà di rimedi per interessi analoghi può avvicinare le esperienze giuridiche dei paesi Europei), tuttavia vi sono ipotesi concrete in cui tale assetto costituisce una degenerazione del sistema. Ad esempio -prosegue la Prof.ssa Navarretta- nella normativa a tutela del consumatore, la divergenza nelle forme di tutela di interessi medesimi appare in contrasto con il principio di uguaglianza. Per far fronte a tale anomalia, “un processo di uniformazione nonché di generalizzazione dei rimedi a favore del consumatore, affiancato dall’ipotesi di una clausola generale di good faith and fair dealing, appare un possibile traguardo volto ad evitare ingiustificate disparità di trattamento e a consentire maggiore tutela del consumatore anche rispetto ad ambiti non espressamente contemplati dalla disciplina per settori”.    Peraltro, rimanendo nella medesima questione ma cambiando punto di vista, il Prof. Di Majo osserva che non si richiede un rispetto del principio di tipicità ma esclusivamente si subordina la creazione di un rimedio all’esigenza dell’adeguatezza e della proporzionalità del mezzo di tutela rispetto alla violazione. Inoltre, lo stesso autore puntualizza che il rimedio non svolge solamente la funzione di tutelare la violazione dei diritti e degli interessi giuridicamente protetti, ma anche realizzare diritti e libertà rimaste in qualche modo insoddisfatte o irrealizzate: tali piani non necessariamente coincidono con quello della violazione.   Sul rapporto tra diritto europeo e diritto interno, Pietro Perlingieri chiarisce che si tratta di ordinamenti che si compenetrano l’uno con l’altro. Ciò implica che “i rimedi non si possono distinguere in comunitari, da un lato, e interni, dall’altro. La costruzione andrà operata secondo un criterio unitario”.   Detto questo, emerge un dato comune: la lettura delle diversità dei singoli stati membri non in una logica di frammentazione; bensì, di creazione di un diritto privato europeo in grado di rispecchiare le tradizioni giuridiche, all’insegna della flessibilità e non di un appiattimento verso un diritto solo all’apparenza unificato. Su tali premesse indicate dal Prof. Comandè, il saggio del Prof. Sirena conclude nel senso che “il ruolo strategico del diritto europeo dei contratti non sia quello di sostituirsi al diritto nazionale, (…), ma quello di provocare all’interno di quest’ultimo una necessaria modernizzazione, principalmente legata a obiettivi di efficienza economica.” Pertanto, l’eventualità che le singole differenze tra ordinamenti possano essere accentuate non costituirebbe un pericolo ma una preziosa opportunità per potenziare ulteriormente la libertà contrattuale delle parti contraenti.   È nella prospettiva di valorizzazione delle diversità che il rimedio trova il suo vigore e la sua forza: le fonti comunitarie entrano in dialogo con il diritto interno dando origine non ad una somma tra le due componenti ma ad una realtà giuridica differente, parzialmente comune ai vari stati; l’interazione tra tali due fattori, oltre a creare una base comune, può sviluppare nuovi possibili rimedi, esportabili anche in tutte le nazioni europee.   Il terzo percorso interpretativo muove dall’art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali di Nizza: ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.   In questa ottica, il testo affronta istituti tradizionali del diritto, cercando di offrire una risposta coerente con la prospettiva rimediale e il sistema normativo in cui è inserita. Da problematiche dove l’interrogativo è su categorie generali quali invalidità ed inefficacia (Prof. Scalisi), sulle azioni di risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale (Prof. Di Majo), sulla possibiltà di prevedere un rimedio risarcitorio generale (Prof. Comandè) e sul problema della causa (Prof. Breccia), si studiano anche argomenti attinenti a normative di settore quali l’abuso di sfruttamento da parte di un’impresa dominante (Prof. Maugeri) ed il contratto del consumatore (Prof. Roppo).    La difficoltà che tale attività comporta è illustrata dal Prof. Sirena, il quale sottolinea che “il diritto europeo non può e non deve essere preso troppo sul serio nella ricostruzione sistematica degli istituti che esso contribuisce a disciplinare, perché non è questo il suo linguaggio”. Il Prof. Scalisi, nella ricostruzione delle figure generali di invalidità ed inefficacia, esemplifica la sottolineatura precisando che nelle fonti comunitarie non si fa mai espresso riferimento a tali categorie; bensì, si parla della irrinunziabilità di determinati diritti, del carattere imperativo o cogente di disposizioni appositamente indicate oppure della non vincolatività o non azionabilità di particolari accordi o clausole contrattuali.   In questa fatica oggettiva di ricostruzione si rivela il pregio del testo, il quale raggiunge l’obiettivo di ricondurre ad unità il complesso panorama normativo ed individua nuovi e possibili percorsi interpretativi, volti alla attualizzazione degli istituti tradizionali e alla costruzione di nuovi rimedi.   Al fine di valorizzare gli aspetti di unitarietà del testo, le parole di Vincenzo Roppo mi sembrano il migliore invito e suggeriscono una convincente motivazione alla lettura del libro: “se il contratto è (come probabilmente è) il cuore del diritto civile, senza dubbio il cuore del contratto è rappresentato dai rimedi contrattuali: che sono pertanto il cuore del cuore del diritto civile. Nessuna riflessione sul contratto può fare a meno di passare in qualche modo per il tema dei rimedi”. 

 

INDICE:

Presentazione, di GIUSEPPE VETTORI

F. ADDIS, “La tutela dilatoria nei contratti a prestazioni corrispettive nell’ottica della creazione di un diritto privato europeo”U. BRECCIA, “Causa e consideration”G. COMANDÈ, “Rimedi contrattuali e regole comuni per l’Europa: alcune riflessioni”A. DI MAJO, “Linguaggio dei rimedi e tipologia dei danni”S. GRUNDMAN, “Regulating breach of contract – the right to reject performance by the party in breach”M. HESSELINK, “European contract law: a matter of consumer protection, citizenship or justice?”M. MAUGERI, “Rimedi civilistici ed abuso di sfruttamento da parte di un’impresa dominante”S. MAZZAMUTO, “La nozione di rimedio nel diritto continentale”E. NAVARRETTA,  “La complessità del rapporto fra interessi e rimedi nel diritto europeo dei contratti”F. PADOVINI, “Le clausole limitative delle impugnazioni contrattuali”P. PERLINGIERI, “Rimedi e modello sociale europeo”V. ROPPO, “Dal contratto del consumatore al contratto asimmetrico (schivando il “terzo contratto”)?”V. SCALISI, “Il diritto europeo dei rimedi: invalidità e inefficacia”P. SIRENA, “Il diritto europeo dei contratti e la costruzione delle categorie civilistiche”A. SOMMA, “Prospettiva rimediale e diritto europeo dei contratti”G. VETTORI, “Il diritto dei contratti fra Costituzione, codice civile e codici di settore

 

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