ISSN 2239-8570

La Corte di Giustizia e il condominio consumatore, di Chiara Sartoris


DOCUMENTI ALLEGATI

Con l’ordinanza del 1 aprile 2019 – già segnalata in questo sito -, il Tribunale di Milano proponeva rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia per chiarire se la nozione di “consumatore” di cui alla Direttiva 93/13/CE e all’art. 3, comma 1, lett. a), cod. cons., possa essere estesa anche al condominio.

La questione originava dalla opposizione di un condominio al precetto recante l’intimazione, da parte della società creditrice, del pagamento di una certa somma di denaro. Nell’accordo di mediazione raggiunto dalle parti era stata inserita una clausola, relativa alla misura degli interessi moratori dovuti dal condominio, la cui legittimità è stata da quest’ultimo contestata. In particolare, il condominio opponente affermava il proprio status di consumatore e chiedeva al giudice di accertare l’abusività di quella clausola.

Il giudice a quo, considerata la controversa natura giuridica del condominio – considerato talvolta come ente di gestione privo di personalità giuridica, talaltra come ente dotato di una personalità giuridica attenuata –, da cui dipende l’odierno problema della sua qualificabilità come “consumatore”, decideva di sollevare rinvio pregiudiziale.

Al fine di risolvere la questione, la Corte di Giustizia muove, come di consueto, da un inquadramento normativo della nozione di “consumatore”, richiamando la definizione di cui all’art. 2, lett. b), della Direttiva 1993/13/CE: tale nozione è applicabile al ricorrere di due condizioni cumulative, vale a dire che si tratti di una persona fisica e che quest’ultima svolga la sua attività a fini non professionali. Se ci si sofferma al dato letterale della disposizione, è evidente la difficoltà di applicare la disciplina consumeristica a un soggetto, quale il condominio, che nell’ordinamento giuridico italiano non è né una persona fisica, né una persona giuridica. Il problema interpretativo in esame, osserva la Corte, è poi ulteriormente complicato dalla circostanza che, nell’attuale diritto eurounitario, la nozione di “proprietà” non è armonizzata e sussistono rilevanti differenze tra le normative nazionali, come confermano l’art. 345 T.F.U.E. e l’art. 1, parag. 2, lett. k), del regolamento UE 650/2012.

Alla luce di tale contesto normativo, allora, la soluzione viene individuata ragionando sui principi generali sottesi alla disciplina consumeristica. Come è noto, l’art. 169, parag. 4, T.F.U.E. riconosce agli Stati membri la possibilità di mantenere o introdurre misure di tutela dei consumatori più rigorose, a condizione che esse siano compatibili con i trattati; e il considerando 12 della direttiva 93/13/CE precisa, altresì, che quest’ultima procede solo a un’armonizzazione parziale e minima, lasciando agli Stati membri la possibilità di garantire un più elevato livello di protezione per i consumatori mediante disposizioni più severe. Non solo, ma, ai sensi del considerando 13, tale libertà può tradursi pure nella decisione di estendere la normativa consumeristica a persone giuridiche o fisiche che non integrano la predetta definizione eurounitaria di “consumatore”. In effetti, proprio in questa direzione si è mosso un certo orientamento della nostra giurisprudenza di legittimità, favorevole ad applicare quella disciplina anche a un soggetto, quale il condominio, che, nell’ordinamento italiano, non è una persona fisica.

In questo quadro di principi, allora, la Corte di Giustizia offre un’interpretazione teleologica della nozione di “consumatore”: il condominio, benché nell’ordinamento italiano non sia qualificabile come persona fisica ai sensi dell’art. 2, lett. b), della Direttiva 93/13/CE, può vedersi applicata la disciplina ivi contenuta; ciò a condizione che tale interpretazione da parte dei giudici nazionali garantisca un livello di tutela più elevato per i consumatori e non pregiudichi le disposizioni dei trattati. Se ne conclude, quindi, che le norme della Direttiva «non ostano a una giurisprudenza nazionale che interpreti la normativa di recepimento della medesima direttiva nel diritto interno in modo che le norme a tutela dei consumatori che essa contiene siano applicabili anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico quale il condominio nell’ordinamento italiano, anche se un simile soggetto giuridico non rientra nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva».

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